Storie di adulti “invisibili”con disturbi dell’alimentazione: “Pesavo il cibo in maniera ossessiva”

Oltre un terzo dei 3,6 milioni di italiani affetti da disturbi del comportamento alimentare ha più di 25 anni. Adulti e anziani che fanno ancora più fatica degli altri a chiedere aiuto: tre pazienti raccontano a Fanpage.it le loro storie.
A cura di Simona Berterame
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Di Chiara Daffini e Simona Berterame

Il 15 marzo è la giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata ai disturbi del comportamento alimentare. Un mondo che troppo spesso viene associato all'età dello sviluppo, ma che invece riguarda molti pazienti adulti. E che si sentono "invisibili". È questo il fil rouge che lega le tre storie che oggi racconta Fanpage.it

Cristina Zaini è ricaduta nell'anoressia a 52 anni: "Eravamo in pieno lockdown – racconta a Fanpage.it – e per far passare il tempo ho iniziato a fare ginnastica con mia figlia. Sono bastati alcuni chili persi per ricadere nel turbine di una malattia che avevo già affrontato in passato".

Luca D'Aquino di anni ne ha 29 e da quando era bambino il suo rapporto con il cibo non è sereno: "Negli ultimi dieci anni ho convissuto con l'anoressia prima e la bulimia – ci spiega -. Mi dicevano ‘Comportati da uomo, mangia, cresci, lasciale alle donne le manie sul peso'. Mi sono sentito doppiamente stigmatizzato".

Anche Anna (nome di fantasia) a 40 anni si trova a fare i conti con un disturbo del comportamento alimentare: "Mi sono ammalata a 32 anni, cercando di perdere i chili accumulati con la gravidanza – ricorda -, ora ho smesso di curarmi perché le terapie costano troppo e non ce la faccio a sostenere tutte le spese".

Disturbi alimentari, non solo adolescenti

È stata la pandemia da Covid 19, con gli effetti che il lockdown ha generato in molti bambini e adolescenti, a condurre a un'impennata di oltre il 30% (dati Ministero della Salute) nelle nelle diagnosi e richieste di cura dei disturbi del comportamento alimentare.

Parliamo di anoressia, bulimia, binge (disturbo da alimentazione compulsiva), ortoressia, vigoressia e un fitto sottobosco di condotte disfunzionali in relazione al cibo e al peso. Si chiamano disturbi, ma sono malattie e ne soffrono 3,6 milioni di italiani, in molti casi senza via d'uscita: solo nel 2024 in Italia per queste patologie sono morte 3893 persone (Rencam).

E se l'attenzione è tutta puntata su giovani e giovanissimi, tra le categorie più a rischio ci sono proprio adulti e anziani (oltre un terzo dei pazienti totali, secondo Comestai), in genere malati da decenni, con il fisico provato e spesso una vita familiare e lavorativa che non li legittima a chiedere aiuto. "Sono entrati in una sorta di cono d'ombra tutti quei pazienti che 15 anni fa già soffrivano di un disturbo alimentare e che avevano già una storia di trattamenti non adeguati- afferma Armando Cotugno, medico psichiatra al Centro Clinico ASTREA di Roma -. Queste persone hanno imparato a vivere nonostante il loro disturbo".

Le storie di chi vive o ha vissuto un disturbo alimentare

"L'anoressia – ci racconta Anna – è semplicemente un modo per illudersi di avere il controllo su qualcosa, il cibo e il peso, quando pensi di non averlo più in nessun ambito della vita. Prima del 2017 non avevo mai sentito parlare di disturbi alimentari, ho cominciato con una dieta e la palestra, cose che io e tutti quelli che mi circondavano reputavano positive, ma mi sono ritrovata nel giro di pochi mesi a pesare il cibo in maniera ossessiva, controllare ogni singola caloria e non avere più vita sociale: anche solo uscire anche per mangiare una pizza con le amiche era diventato impossibile".

Luca D'Aquino, 29 anni
Luca D'Aquino, 29 anni

"A 19 anni ero obeso – ricorda Luca -. Mi sono messo a dieta e per mesi ho affamato il mio corpo, dimagrendo ben oltre il mio peso forma, il passaggio alla bulimia è stata la conseguenza inevitabile di mesi e mesi di restrizione estrema. Mi abbuffavo a tutte le ore, sono arrivato persino a rubare il cibo, vomitare in luoghi pubblici, nei parchi, nei canali… Non mi importava neanche di farmi vedere dalle persone, ero come in trance, come se avessi una dipendenza".

Cristina Zanini, 57 anni
Cristina Zanini, 57 anni

Sono stata ricoverata per tre volte in emergenza in ospedale – spiega Cristina -, lì però non ci sono terapie adeguate per adulti che soffrono di disturbi alimentari,  si viene ricoverati in medicina, dove appunto ci si preoccupa del tenerci in vita.  Le strutture riabilitative a cui mi sono rivolta erano quasi tutte o per i minorenni oppure c'era un limite di età. Per esempio una volta mi sono sentita dire “No possiamo prenderti, curiamo solo fino ai 45 anni”.

I malati aumentano, le risorse diminuiscono

La domanda quindi che forse viene da porsi – dice Aurora Caporossi, dell'associazione Animenta –  è perché c'è questo sottobosco di adulti che non viene visto? Perché non riescono magari ad accedere ai servizi del sistema sanitario nazionale?
Perché – si risponde Caporossi –  le risorse sono poche e depauperate anche dal non ripristino del fondo per i disturbi alimentari da 25 milioni (stanziato per il 2022 e il 2023 ma poi non rinnovato, ndr) molti centri a livello pubblico hanno dovuto mettere delle barriere d'ingresso, una di queste è l'età".

"Già è difficile chiedere aiuto – osserva Cristina -, perché è la malattia stessa a farti credere che vai bene così, se poi si trovano le porte chiuse guarire diventa impossibile. A me hanno consigliato una struttura riabilitativa con ricoveri di lunga durata, ma ce ne sono poche in Italia e le liste d'attesa sono infinite, dovrei attendere anche due anni".

Se la carenza di centri adeguati alle cure dei disturbi alimentari e la penuria di risorse a essi destinate sono il problema principale, anche l'aspetto socio-culturale non è da sottovalutare: "Continuavo a ripetermi che ero una mamma, una donna adulta, non potevo avere questa malattia – racconta Anna -, vedere bambine e ragazzine soffrire così tanto mi devastava, nella mia testa loro avevano diritto a essere curate, non io. Poi mi sono resa conto di essere come loro, con gli stessi problemi, ma anche con la responsabilità di una famiglia e un lavoro".

Il futuro per chi sta male

Chiedere aiuto è indispensabile ma non sempre facile: "Non tutti i servizi dedicati ai disturbi del comportamento alimentare riescono a garantire un percorso psicoterapico superiore alle 20 settimane – sottolinea Cotugno -, ma i disturbi dell’alimentazione di lunga durata richiedono cure che vanno mediamente intorno ai tre anni. Un elemento che accomuna i soggetti adulti che arrivano all'osservazione è il non poterne più. Non ne possono più di mangiare e vomitare o digiunare in segreto, non ne possono più di nascondersi.".

"Avrei potuto accedere al Servizio Sanitario Nazionale – continua Anna -, però la costanza nelle cure non era garantita. Ho deciso di curarmi lo stesso, finché ho potuto, privatamente e sono orgogliosa di questo. L'ho fatto per me stessa ma anche per potermi prendere cura di mio figlio".

"In pronto soccorso una volta mi hanno detto che rischiavo di non svegliarmi più – racconta Cristina -. Dicevano ‘E se i tuoi figli ti trovano morta nel letto?'. Pur vivendo per i miei figli, nemmeno quella frase è riuscita a darmi uno scossone, continuo a non stare bene, ma se mai troverò la forza di cambiare so che non potrò farlo da sola".

"Reimparare a mangiare è un po' come camminare per la prima volta – dice Luca -, non è più una cosa automatica e spontanea, perché il disturbo alimentare, per chi è malato, è una sorta di stampella per affrontare la vita. È fondamentale rivolgersi a specialisti, perché non è un problema che riguarda solo il cibo, tutte le sfere della vita ne sono coinvolte". Luca un tempo sognava di fare il doppiatore, poi ha dovuto mettere nell'angolo il suo sogno: "Per ora vivo con mio padre perché ancora non sono pronto per affrontare da solo i pasti e il mio fisico porta i segni di anni di disturbi alimentari, ma piano piano conto di riprendermi in mano la mia vita".

I numeri dei disturbi alimentari

Il 35% dei casi registrati riguarda persone dai 25 anni in su. Questo dato è confermato da quanto riporta "Comestai", neonata startup nata per migliorare l’accessibilità al trattamento dei Disturbi Alimentari, che nasce da un’idea di Aurora Caporossi, già founder di Animenta. Circa il 56% delle persone che cominciano un percorso di cura in Comestai sono donne e uomini over 35.  Dati che aiutano a comprendere come queste malattie interessino tutte le fasce di età e non solo gli adolescenti. "Molte delle persone che chiedono aiuto sono proprio gli adulti. Si tratta di persone che non hanno ricevuto il giusto supporto in passato o che magari non hanno avuto consapevolezza del problema o che hanno avuto magari semplicemente difficoltà nel chiedere aiuto. Quello che è importante è accogliere la richiesta di aiuto a prescindere dall’età o dal momento in cui questa arriva: non c’è un momento giusto per in iniziare. Anche in età adulta si può accompagnare e guidare la persona, attraverso un approccio integrato, a ritrovare un rapporto sereno con cibo, peso e corpo" spiega la Dott.ssa Lucia Elisabetta Abate, dietista e referente area nutrizionale di Comestai.

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