Storia di Agitu Gudeta, dai successi all’odio: “Questo non è il tuo posto, brutta negra”
Agitu Gudeta Ideo avrebbe compiuto 43 anni tra poco. È stata trovata senza vita, sfigurata dalle ferite, nella sua casa in valle dei Mochéni, in Trentino. Prima di essere vittima di omicidio Agitu è stata due cose per questo paese: un simbolo di integrazioene ed imprenditoria virtuosa, una vittima di discriminazione razziale e stalking. Applaudita e osteggiata allo stesso tempo, ecco la sua storia.
Storia di Agitu, dall'Etiopia al Trentino
Etiope, fuggita dal suo Paese all'età di diciotto anni, dal 2010 viveva in Trentino. Già in Etiopia si era battuta contro il land grabbing, ovvero l'espropriazione forzata, da parte delle multinazionali delle proprietà degli agricoltori e allevatori autoctoni. Perseguitata per la sua lotta, per questo aveva ottenuto in Italia lo status di rifugiata. In Trentino aveva fondato l’azienda La Capra Felice, un progetto virtuoso basato sul recupero e la valorizzazione di un terreno abbandonato, in montagna. Agitu non si era limitata a riattivare le attività sul territorio, aveva dato nuova vita e nuove chances alla comunità locali coinvolgendo gli abitanti in un'attività inclusiva che aveva come unico obiettivo promuovere una microeconomia che al contempo rispettasse le peculiarità dell'ambiente e preservasse le sue specie animali. Nella sua azienda biologica, in località Frassilongo, Agitu allevava capre di razza Mochena, a rischio estinzione. Ristrutturando un vecchio edificio presente nel fondo, aveva creato un caseificio dove vengono prodotte le eccellenze casearie trentine, dal formaggio a latte crudo. Il suo talento imprenditoriale l'aveva portata a ricevere, alcuni mesi fa, la Bandiera verde di Legambiente, per la “determinazione e passione nel portare avanti un importante esempio di difesa del territorio, di imprenditoria sostenibile e di integrazione”.
Vittima di odio, aveva subito aggressioni e minacce
Non tutti amavano questa donna forte e indipendente. "Questo non è il tuo posto, brutta negra, torna al tuo paese" erano solo alcune delle frasi offensive che un uomo del posto le rivolgeva. Nell’agosto del 2018, dopo aver subito anche un'aggressione fisica oltre alle minacce, l'imprenditrice aveva ottenuto dal Tribunale di Trento la condanna del suo persecutore, a nove mesi di reclusione per il reato di lesioni a seguito, derubricando l’accusa di stalking e l’aggravante dell’odio razziale. Queste dolorose vicende sono riaffiorate alla memoria collettiva quando, la notte del 20 dicembre scorso Agitu è stata ritrovata morta, uccisa, presumibilmente a martellate, nella sua casa in valle dei Mòcheni. Tuttavia l'odio razziale stavolta non c'entra. Fermato dopo poche ore dai fatti, il suo aggressore, il reo confesso Adams Suleimani, di nazionalità ghanese avrebbe fatto riferimento a un movente economico. Pastore che lavorava alle dipendenze di Agitu, il 32enne avrebbe agito per una somma di denaro. Uno stipendio non pagato, come trapelato dalla procura dopo l'interrogatorio seguito al fermo, ma saranno gli inquirenti, con le loro indagini, ad accertare il contesto in cui è maturata l'aggressione. L'autopsia, disposta sul corpo della vittima, chiarirà la dinamica dell'aggressione. Al momento, dalla procura