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Stop alla caccia dei cervi in Abruzzo, il Consiglio di Stato sospende l’abbattimento fino a novembre

Accolta la richiesta delle associazioni animaliste sullo stop alla caccia a 469 capi, dopo la decisione contraria del Tar de L’Aquila. La Regione: “Rinvio anche per ragioni burocratiche”
A cura di Giovanni Turi
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Il Consiglio di Stato sospende la delibera regionale dell'Abruzzo per la caccia a 469 cervi fino al 7 novembre
Il Consiglio di Stato sospende la delibera regionale dell'Abruzzo per la caccia a 469 cervi fino al 7 novembre

Colpo di scena. Nel giorno in cui doveva prendere il via l'abbattimento di 469 cervi in Abruzzo, il Consiglio di Stato accoglie il ricorso di Wwf Italia, Lav e Lndc Animal Protection e sospende la delibera della giunta regionale fino a giovedì 7 novembre.

Ovvero, fino a quando il testo non sarà discusso in Camera di consiglio. Una decisione che sa di "soddisfazione e speranza di poter tutelare realmente la fauna di provincia", dicono le associazioni animaliste, e che va controcorrente rispetto a quella uscita dall'udienza del Tar de L'Aquila mercoledì 9 ottobre.

La Regione: "Fiduciosi dell'esito"

Il vice presidente della giunta regionale dell'Abruzzo, Emanuele Imprudente, riporta che la sospensiva "non invalida il portato della delibera regionale né contesta la correttezza del procedimento amministrativo intrapreso da parte della Regione Abruzzo, ma adotta tale decisione sulla base di un generale principio precauzionale".

E dice che c'è fiducia per l'esito dell'udienza del 7 novembre, "consapevoli che sinora si è alimentata un’interpretazione ideologica del provvedimento e che non abbiamo commesso alcuna forzatura nel prevedere, come in tutte le altre regioni italiane in cui si pratica da decenni la selezione del cervo, una gestione faunistica improntata a metodi scientifici di una specie cacciabile per legge, assolutamente non in via di estinzione e al di fuori di qualsiasi area protetta o parco nazionale".

Peraltro, Imprudente ha spiegato che gli ambiti territoriali di caccia (Atc) sono ancora alle prese con la diramazione di avvisi pubblici per l'assegnazione dei capi da abbattere per ogni zona. Non mancano poi ritardi ai regolamenti a cui i "selecontrollori" devono attenersi (come i tesserini che abilitano i cacciatori) all'acquisto di fascette per marchiare e identificare i cervi abbattuti e smaltirli adeguatamente.

Gli animalisti: "Servono soluzioni alternative"

Ma le associazioni animaliste non ci stanno: "È impensabile continuare a giustificare la caccia come soluzione che possa favorire la convivenza fra i cittadini e gli animali selvatici. Il nostro obiettivo deve essere quello di cercare alternative più rispettose per l’ambiente e per gli animali stessi".

Secondo loro, la caccia al cervo ignora proprio quelle soluzioni "non violente", in controtendenza a quanto concepito dalla "lobby venatoria", e comporta "squilibri ecologici importanti in ecosistemi già fragili", oltre a conseguenze "sulle dinamiche di crescita e riproduzione della specie".

Infine, l'appello alla Regione: "Ritorni indietro – concludono le associazioni -. Marsilio deve prendere atto che non ci sono né i motivi, né le condizioni tecnico-procedurali per consentire ai cacciatori di uccidere quasi 500 cervi. Farebbe sicuramente una più bella figura bloccando questa strage e avviando un confronto serio libero dagli obblighi che evidentemente ha assunto con i cacciatori nella recente campagna elettorale".

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