Stefania Noce, l’ultima vittima di una violenza non tollerabile
Delitto passionale. Molti giornali oggi titolano la vicenda del duplice omicidio di Catania utilizzando questo termine. Chiaramente si è trattato di un delitto così come la rabbia dell’assassino deve essere stata tale da rientrare senza ombra di dubbio nella sfera delle “passioni”. Una rabbia che, a quanto pare, viene fuori dal rifiuto di una giovane donna. Il rifiuto di una relazione, la non accettazione di una storia finita dopo quattro anni, una rabbia però che non può essere accostata solo per questo al concetto di “amore”.
L’idea che una persona possa ucciderne un’altra perché gli è stato negato l’”amore” ha qualcosa di paradossale. Sono tante le relazioni che finiscono, le storie di ex fidanzati, gente che si lascia dopo anni di matrimonio, gente che soffre e si fa del male forse anche di più rispetto a quanto possa sembrare “normale” a chi invece certe storie le vive dall’esterno. Eppure, nonostante tutto il dolore possibile, possono esserci mille modi diversi per “vendicarsi” di qualcuno ma non quello di mettere fine per sempre alla sua vita.
Ventiquattro anni, splendidi anni secondo chi la conosceva da vicino, e poi basta. E con lei il presunto ex innamorato ha ucciso anche quel nonno che, questa volta per amore possiamo dirlo, aveva tentato di salvarla dalla sua furia omicida. La storia di Stefania Noce, del suo omicida che adesso è chiaramente in uno stato confusionale, è solo l’ultima che va ad aggiungersi a un’escalation di violenze che ogni giorno leggiamo sui giornali, ascoltiamo in televisione e “approfondiamo” nei salotti televisivi e non.
Siamo violenti nei confronti di coloro che appaiono “diversi” da noi, siamo violenti perché siamo convinti di essere migliori di altri, siamo violenti verso il nostro vicino di casa, troppo spesso siamo violenti in maniera assolutamente gratuita. Poi c’è la violenza sulle donne: secondo un rapporto delle Nazioni Unite in tutto il mondo una donna su cinque ha subito una violenza o un tentativo di violenza. In Italia, in particolare, il dato è di una donna su tre, di età compresa tra i 16 ed i 70 anni, ad essere stata vittima di un qualsiasi tipo di sopruso. Ogni anno, in Italia, sono in cento a morire sotto i colpi di mariti, fidanzati, ex non rassegnati come è accaduto tragicamente a Stefania Noce.
Allora, non potendo certo riportare in vita una donna che non meritava (come nessuno) questo destino, limitiamoci almeno a riflettere su ciò che quotidianamente succede e a imparare ad usare i termini giusti in queste occasioni. Prendendo in prestito quelli di un’amica di Stefania che ha condiviso il suo dolore pubblicamente possiamo certamente dire che la “passione” di cui si parla in questi casi davvero non può essere definita amore ma, meglio, rabbia cieca, violenza, stupidità umana. Ed è su questo che, dopo esserci indignati per l’ennesima volta e dopo aver pianto per l’ultima vita spezzata, bisogna continuare a lavorare.