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Spia email del marito per scoprire tradimento: condannata a 20 giorni di carcere

La donna è stata condannata dal giudice per accesso abusivo ad un sistema informatico dopo che la signora ha presentato le email alla causa di separazione.
A cura di A. P.
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Se per caso avete la tentazione di spulciare tra le email o comunque tra le comunicazioni online del vostro partner è meglio sappiate che è un reato punibile col il carcere. A ricordarcelo è una sentenza del tribunale di Treviso che nei giorni scorsi ha condannato una donna veneta alla pena di venti giorni di carcere perché si era improvvisata investigatrice privata aprendo l'email del marito nel tentativo di scoprire se il coniuge avesse avuto delle relazioni extraconiugali. Come racconta il quotidiano locale La Tribuna di Treviso, la donna infatti era convinta che il marito la tradisse ed è entrata di nascosto nella posta elettronica dell’uomo per controllare la sua corrispondenza.

Dopo aver scoperto vari messaggi compromettenti aveva lasciato l'uomo, portando alla causa di separazione una parte consistente di quelle mail carpite però senza il suo consenso. Tanto è bastato perché scattasse per lei la denuncia d’ufficio, visto che la casella di posta era protetta da una password che lei ha carpito con l'inganno. La signora è finita così sul banco degli imputati e in primo grado è stata condannata dal giudice per accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico protetto.

Come stabilito più volte dalla Corte di Cassazione, infatti, anche nel caso si conosca la password, un accesso ai dati dell'altro senza che questi lo sappia o per scopi estranei a quelli per i quali era entrato in possesso dei dati di autenticazione, costituisce sempre e comunque un reato. In pratica  ciò che rende abusivo l’accesso è la consapevolezza di accedere al sistema contro la volontà del titolare.  La pena prevista in questi casi è la reclusione fino ad un massimo di tre anni. Il reato è stato introdotto nel 1993 per tutelare il cosiddetto “domicilio informatico”, inteso come lo spazio virtuale all’interno del quale il titolare svolge attività e intrattiene relazioni personali e rispetto al quale costui ha il diritto di impedire o limitare l’accesso o la permanenza altrui.

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