Quando l’amato parroco di un piccolo borgo di periferia viene a mancare, tutto il paese si sente orfano. Per questo, nell’ultimo viaggio che lo accompagna dalla Chiesa alla tomba, nessuno dei suoi fedeli vuole mancare, anche se dovesse restare in piedi nell’angolo più lontano della chiesa, dove l’orazione funebre arriva come eco lontana e l’odore d'incenso toglie quello che resta del respiro. Così, quando Don Ennio Salvadei storico parroco della chiesa del SS. Crocifisso di Villa Potenza, Macerata, venne a mancare, la chiesa si riempì al punto di scoppiare e mentre alcuni annuivano agli ultimi banchi, altri dovettero sostare all’esterno della chiesetta.
La scomparsa di Sergio Isidori
Fu in quei momenti, in un tiepido 23 aprile del '79, che un bambino di cinque anni scomparve. Sergio Isidori, secondo figlio di Eraldo e Silvia, stava giocando davanti all'officina di elettrauto di suo padre, a pochi passi dalla chiesa e da casa. Sergio, riccioli bruni e due grandi occhi, era solito giocare liberamente sul marciapiede come facevano molti altri bambini all’epoca e come aveva fatto altre decine di volte, ma quel giorno, quando sua madre lo mandò a chiamare per fare merenda, il piccolo Sergio non c’era. Non era neanche nei dintorni, o casa degli amichetti, tanto che quando suo padre tornò da un lavoro esterno che era uscito a fare quel giorno e il piccolo Gianmaria, il fratellino maggiore di otto anni, disse che non aveva giocato con lui, Villa Potenza si asciugò le lacrime e diede una mano nelle ricerche. Un bambino sparito, aveva riportato la piccola comunità, al dolore della vita.
L'avvistamento
Il primo pensiero andò all’incidente casuale e lo sguardo dei cittadini di Villa Potenza volse verso il canalone. Sergino, infatti, poteva essere precipitato in acqua mentre giocava da solo. Eppure se così fosse andata, il canale doveva averlo risucchiato, perché di lui non restavano né indumenti né il berretto che indossava o tanto meno il corpo. Allora si verificò la grata che separava quel tratto dal fiume, ma era solida non poteva avere lasciato passare nulla. Nel nulla cadde anche la segnalazione di un amichetto che aveva visto Sergio allontanarsi durante il corteo insieme a qualcuno di poco più alto. Un ragazzino, forse, o un uomo di statura molto bassa, mai identificato. L’ombra del rapimento, dopo strane telefonate e ignominiose richieste di riscatto da parte di truffatori che volevano approfittarsi della situazione, sbiadì poco dopo, quando non restò più nessuno a chiedere soldi per il piccolo Sergio. Nel vuoto cadde anche l'appello di Papa Giovanni Paolo II, lanciato dalla finestra su San Pietro, durante l'Angelus.
Il prete
Dopo anni di segnalazioni anonime fasulle, false speranze e lutti, a squarciare il silenzio di quel caso fu un prete. Un altro, il secondo. Don Marco Buongarzoni, parroco della chiesa di San Giorgio, scrittore per diletto, a 83 anni suonati salì alla ribalta delle cronache per essere a conoscenza del nome dell'autore del sequestro di Sergino e di ciò che ne fu del bimbo. A trascinare il sacerdote sulla scena pubblica un suo scritto, un racconto del 1991, intitolato "Il bambino scomparso". Nello scritto si raccontava una storia straordinariamente simile a quella di Sergio Isidori. Nella finzione letteraria il piccolo veniva rapito da un pedofilo e ucciso. Un racconto da brivido che il parroco assicurò essere frutto della sua fantasia, benché ispirato ai fatti di Villa Potenza. A Eraldo Isidori, però il sacerdote aveva detto ben altro, ovvero di aver ricevuto delle rivelazioni in confessione e che mai, neanche se avesse voluto, avrebbe potuto rivelare cosa aveva saputo, pena la scomunica. "Il segreto confessionale non si vìola", diceva barricandosi nel silenzio, salvo poi dare ancora un'altra versione. Sergio, secondo don Marco, l'avrebbe sepolto la sua mamma dopo che questa ne aveva scoperto la morte accidentale. Silvia, secondo il sacerdote, avrebbe occultato il corpo per il senso di colpa di non aver saputo custodire il suo bambino. Una versione che fa infuriare i familiari e che non fa altro che confondere le linee di quella brutta storia di paese. Un paese in cui, è certo, qualcuno non dice la verità.
L'epilogo
In 39 anni le cose a Villa Potenza sono cambiate. Eraldo Isidori è arrivato in parlamento sui banchi della Lega, sua figlia Giorgia è dievntata presidente del presidio regionale di Penelope Italia, l'associazione che si occupa di persone scomparse. Alla chiesa di San Giorgio c'è un nuovo parroco e nello spiazzo antistante, a pochi passi dalla casa degli Isidori, i bambini si ritrovano ancora per giocare, a volte. Come un fantasma, sulle loro teste veglia il ricordo di quel bambino mai trovato.