Spari contro troupe a Cosenza, inviato di Storie Italiane: “Presi di mira per il nostro lavoro, fatto grave”

"Riceviamo spesso degli insulti. Purtroppo capita, ma il fatto che qualcuno mirasse per intimidire o far del male è qualcosa di inaccettabile".
A parlare è Vito Francesco Paglia, inviato del programma in onda su Rai 1 "Storie Italiane" che si trovava a Paola, in Calabria e contro cui sono stati sparati colpi di un'arma. Paglia, insieme al collega Vincenzo Rubano di "Pomeriggio 5″ era in provincia di Cosenza perché si stavano occupando del caso dei due fratellini che sarebbero stati maltrattati in famiglia. I due cronisti, come racconta l'inviato della Rai a Fanpage.it, volevano fare alcune domande al padre biologico dei piccoli.
"Ero assieme ai colleghi che sono qui con me Stefano Currò e Riccardo Nava, siamo andati a citofonare a casa del padre biologico di questi bambini per potergli fare qualche semplice domanda, per capire come stia vivendo tutta questa vicenda. Lui non è indagato ma ha perso temporaneamente quella che è la patria potestà". Paglia mentre racconta quanto avvenuto è in auto con la troupe televisiva, per montare il servizio che mostrerà quanto successo pochi istanti prima.
Gli spari e l'intervento dei carabinieri
"A quel punto andando via, spiega il giornalista, c'erano anche i colleghi di Mediaset, ci stavamo incamminando verso le macchine e ci siamo accorti di rumori distinti tra il fogliame. Inizialmente abbiamo pensato a una lucertola, un animale. Poteva essere qualsiasi cosa". Paglia poi proseguendo nel suo racconto specifica di aver sentito tre colpi distinti e aggiunge: "Non era un'arma da fuoco, questo ci tengo a precisarlo, perché altrimenti rischieremmo di dare delle informazioni non corrette. Erano dei pallini di piombo che i carabinieri che sono intervenuti sul posto hanno cercato di repertare, ma ovviamente essendo di piccole dimensioni non è facile riuscire a individuarli. Fortunatamente gli uomini della Compagnia di Paola sono immediatamente intervenuti perché erano già presenti sul posto. Si sono messi il giubbotto antiproiettile e sono venuti subito ad aiutarci, perché ovviamente ci siamo messi lungo un muro e abbiamo cercato di evitare che chi stava sparando potesse continuare a farlo".
La denuncia contro ignoti
"Io personalmente, prosegue il giornalista, ho fatto una denuncia contro ignoti. I miei colleghi hanno fatto la loro deposizione raccontando esattamente tutto quello che era accaduto. Però la gravità del fatto resta, perché non è una cosa normale che dei giornalisti per poter svolgere il proprio mestiere in maniera normale, serena, tranquilla, corretta vengono presi di mira. La penna non può essere combattuta con il piombo. Noi cerchiamo semplicemente di fare il nostro lavoro, come abbiamo fatto sempre su tutto il territorio. Non abbiamo potuto vedere chi ha sparato perché ovviamente noi eravamo di spalle. Stavamo scendendo, stavamo andando via verso le nostre macchine. Non sappiamo chi sia questo qualcuno. I carabinieri ci hanno spiegato che era un fucile ad aria compressa con pallini di piombo".
Quando la paura è ormai alle spalle il pensiero però va a quello che sarebbe potuto accadere. "Tutti noi abbiamo famiglie a casa. Stefano ha figli, io idem, Riccardo ha una compagna. Quando esci la mattina non pensi mai che, facendo questo mestiere, potresti tornare a casa con un livido o una ferita, un colpo esploso. Pensi vado a fare il mio lavoro. Riccardo monta dei servizi stupendi, Stefano idem, vai a fare il tuo lavoro in tranquillità. Non immagini che sei a rischio così tanto. Al di là di tutto, ripeto, se uno di questi colpi avesse ferito all'occhio Riccardo o Stefano, che con gli occhi lavorano, montano i servizi, guardano nell'obiettivo della telecamera, che sarebbe successo? Questa è la domanda che mi pongo".