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Strage di Monreale

Sparatoria di Monreale, perché la confessione del 19enne indagato non è utilizzabile: parla l’esperto

Il 19enne indagato per la sparatoria di Monreale, nella quale hanno perso la vita tre giovani di 23, 25 e 26 anni, ha reso una confessione ai Carabinieri ma all’arrivo del pubblico ministero si è avvalso della facoltà di non rispondere rendendo inutilizzabili le dichiarazioni. Per fare chiarezza su questo aspetto Fanpage.it ha intervistato l’avvocato penalista Daniele Bocciolini.
A cura di Eleonora Panseri
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Da sinistra, Salvatore Calvaruso, il 19enne indagato per la sparatoria a Monreale; uno striscione in ricordo delle tre vittime.
Da sinistra, Salvatore Calvaruso, il 19enne indagato per la sparatoria a Monreale; uno striscione in ricordo delle tre vittime.
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I Carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno fermato nella notte un 19enne, presunto autore della sparatoria di Monreale, costata la vita a tre giovani, Salvatore Turdo di 23 anni, Massimo Pirozzo e Andrea Miceli di 25 e 26. Feriti anche un 16enne e un 33enne. Il giovane si chiama Salvatore Calvaruso ed è residente a Palermo.

La Procura ha emesso un decreto di fermo di indiziato di delitto, le accuse sono di strage, porto abusivo e detenzione illegale di arma da fuoco. L'indagato è stato portato nel carcere Pagliarelli, in attesa di un nuovo interrogatorio.

Andrea Miceli, Salvatore Turdo e Massimo Pirozzo, le tre vittime della sparatoria.
Andrea Miceli, Salvatore Turdo e Massimo Pirozzo, le tre vittime della sparatoria.

Il ragazzo infatti in un primo momento ha confessato davanti ai Carabinieri ma all’arrivo del pubblico ministero per l’interrogatorio si è avvalso della facoltà di non rispondere, rendendo di fatto inutilizzabili le sue precedenti dichiarazioni dal punto di vista processuale.

Per fare chiarezza su questo aspetto Fanpage.it ha intervistato Daniele Bocciolini, avvocato penalista, esperto in diritto penale minorile e Scienze Forensi, Consigliere Pari Opportunità e Commissione Famiglia e Minori dell'Ordine degli Avvocati di Roma.

Avvocato Daniele Bocciolini
Avvocato Daniele Bocciolini

⁠Avvocato, il 19enne indagato in un primo momento ha ammesso i fatti, ma davanti al pm si è rifiutato di rispondere. Perché le sue dichiarazioni al momento non sono utilizzabili? Che cosa significa?

Il 19enne avrebbe reso dichiarazioni auto accusatorie dinanzi alla Polizia Giudiziaria e senza l’assistenza del difensore. Occorre capire poi se avesse già assunto la qualifica di “indagato” (che si verifica con l’iscrizione nel registro degli indagati) al momento della confessione.

Ad esempio, al momento in cui si sta sentendo una persona come persona informata sui fatti e la stessa rende dichiarazioni auto accusatorie, e indizianti, l'autorità procedente ne interrompe l'esame, avvertendola che, a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore.

A ogni modo, la Polizia Giudiziaria può ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte indagini, ma queste non sono utilizzabili in dibattimento ovvero nell’ eventuale processo.

Le dichiarazioni dell’ indagato devono essere assunte con tutte le garanzie necessarie previste dal nostro ordinamento. Le eventuali dichiarazioni rese prima, in assenza della qualifica di indagato o di un qualsivoglia provvedimento, e in assenza dell’assistenza di un difensore sono sempre inutilizzabili.

Se una persona è sospettata, come si svolgono gli interrogatori e quali sono le varie fasi, dall’arrivo in caserma fino all’eventuale emissione di un provvedimento?

Solitamente si applica l’arresto se sussiste la cosiddetta flagranza, ovvero un soggetto può essere arrestato solo se sorpreso a commettere un reato ovvero se lo ha appena commesso. Negli altri casi, si può applicare il cosiddetto “fermo”, quando appunto manca la flagranza del reato ma sussistono specifici elementi che, anche in relazione all'impossibilità di identificare l'indiziato, fanno ritenere fondato il pericolo di fuga di persona gravemente indiziata.

Deve sussistere, quindi, almeno il pericolo di fuga e la presenza dei “gravi indizi”: sulla persona gravano evidenti e palesi elementi in forza dei quali è possibile formulare un giudizio di elevata probabilità di commissione del delitto. Il fermo può essere disposto direttamente dalla Polizia Giudiziaria per ragioni di urgenza o dal Pubblico Ministero al quale va dato immediato avviso.

In ogni caso, il fermo deve essere convalidato dall’Autorità Giudiziaria ovvero dal Giudice per le Indagini Preliminari. Nel frattempo l’indagato viene invitato a nominare un difensore di fiducia (in mancanza viene assegnato un difensore d’ufficio) e viene dato avviso ad un familiare dallo stesso indicato.

L’interrogatorio può essere disposto (nelle 48 ore successive) dal Pubblico Ministero previo avviso al difensore: in questa fase il P.M. deve informare il soggetto del fatto per cui si procede e delle ragioni che hanno determinato il provvedimento, comunicandogli inoltre gli elementi di prova a suo carico e le fonti di prova a meno che, in quest'ultima ipotesi, non posa derivarne un pregiudizio per le indagini.

L’indagato va anche avvisato che può avvalersi della facoltà di non rispondere, come è accaduto nel caso del 19enne.

Quali sono le circostanze in cui viene disposto il fermo di indiziato di delitto e che valore hanno gli indizi raccolti in queste fasi dell’indagine? Nel caso di specie?

Fondamentale in questa fase è la valutazione dei cosiddetti “gravi indizi”. È chiaro che, trattandosi di una fase embrionale dell’indagine, il “peso” non può essere lo stesso richiesto al momento della eventuale richiesta di rinvio a giudizio, che richiede una valutazione più approfondita: in questa fase la valutazione deve essere fatta non in ordine all’eventuale responsabilità ma soprattutto con riferimento alle esigenze cautelari da contenere.

Nel caso di specie, sono emersi numerosi elementi certamente indiziari, come si legge nel provvedimento di fermo. In particolare, le dichiarazioni autoaccusatorie rese dall’indagato sembrerebbero pienamente riscontrate dal contenuto dei filmati di videosorveglianza, acquisiti dagli esercizi commerciali posti nella zona attigua a quella in cui si sono verificati i fatti.

Non solo, il ragazzo avrebbe riferito di aver perso i suoi occhiali. Un ulteriore elemento oggettivo di riscontro nella zona in cui sono avvenuti i fatti, proprio lì i carabinieri hanno trovato gli occhiali perfettamente corrispondenti a quelli indossati e utilizzati da Calvaruso, come risulta da una fotografia estrapolata dai social.

Secondo il PM si tratterebbe di “un elemento oggettivo individualizzante che consente di potere ragionevolmente stabilire la presenza dell’indagato sul luogo”. Anche le testimonianze (sono tantissime le persone che stanno sentendo in queste ore) sono utilizzate come riscontro e, quindi, validi elementi indiziari a carico del 19enne.

Di fondamentale rilevanza investigativa, quella di un amico al quale avrebbe confessato di aver fatto un macello. Pertanto, anche se si è avvalso della facoltà di non rispondere, numerosi sono gli elementi che lo collocano sulla scena della strage. Essendo partiti circa 18 colpi, si stanno effettuando indagini anche sui complici, non potendo aver fatto tutto da solo.

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