Sparare all’orso è sbagliato e crudele: il bosco è suo, non nostro
È molto discutibile (e siamo buoni) la scelta di Maurizio Fugatti, il presidente della Provincia Autonoma di Trento, di abbattere l’orso che avrebbe aggredito due cacciatori nei giorni scorsi.
Tralasciando le questioni legate alla convivenza uomo-animale, alla scelte dell’essere umano di reintrodurre questi animali sul territorio senza forse analizzare adeguatamente le conseguenze, alla necessità dell’educazione delle persone agli orsi e alla miracolosa sopravvivenza all’attacco di padre e figlio, la domanda su cui dovremmo soffermarci è: ma come lo riconosceranno l’orso?
No, perché è interessante capire esattamente su quale orso cadrà la condanna a morte firmata da Fugatti, si deciderà di sparare a caso?
Al momento infatti non sembrano essere rimasti segni di pelo di orso impigliati da qualche parte, né sulle vittime, quindi a chi di dover non resta che sperare di raccogliere materiale genetico adatto all’identificazione, nel frattempo però si è già firmato per l’abbattimento.
L’ennesima decisione in opposizione agli orsi da parte di Fugatti e le sue dichiarazioni allarmistiche sul numero degli esemplari e la loro vicinanza agli esseri umani accende qualche dubbio circa l’obiettivo finale di queste prese di posizione: si sta forse cercando di aprire la caccia all’orso?
Perché se è così tanto vale dirlo.
Era il 1999 quando il progetto Life Ursus, dopo aver ottenuto un finanziamento dell’Unione Europea, ha dato l’avvio alla ricostituzione di un nucleo di orsi nelle Alpi Centrali tramite il rilascio di altri soggetti dalla Slovenia.
Da allora, piano piano, l’orso ha iniziato a spostarsi e riprodursi, a fare insomma quello che era semplicemente previsto dal progetto di reintroduzione (e dalla natura senza l’uomo).
Nel frattempo però l’essere umano forse si era dimenticato di questi animali e degli ecosistemi in cui si sarebbero inseriti, ha continuato ad espandersi invadendo sempre più la natura e, guarda un po’, ad un certo punto si è ritrovato ad essere faccia a faccia con l’orso.
Certo per chi non vive in Trentinto, o in zone in cui la presenza dell’orso è presa in considerazione, viene difficile comprendere cosa significhi convivere con simili animali, noi in città abbiamo giusto le blatte, i ratti, i gabbiani e i piccioni.
Ma per chi vive questi luoghi, la convivenza con l’orso è scontata e ci si divide tra chi ne comprende le necessità di specie, si informa ed evita di trovarsi in situazioni che possano metterlo a confronto con questo animale, e chi invece, forse perché poco informato o arrogante, si oppone concettualmente alla presenza dell’orso e si muove sul territorio come se si trattasse di un chihuahua.
Nel caso in questione, le vittime sono due cacciatori, insomma due persone preparate ad uccidere animali liberi che dovrebbero essere sufficientemente educate in fatto di regole di comportamento in contesti in cui potrebbe esserci l’orso.
Cosa può essere successo quel giorno?
Quell’orso è davvero così pericoloso?
Verrebbe da pensare che l’aggressione di orso pericoloso, meritevole di un’uccisione (sempre che si possa essere davvero considerare un essere vivente meritevole di una condanna a morte), dovrebbe comportare ferite ben più gravi di quelle subite dai due cacciatori, è particolare il fatto che l’orso possa essersi scagliato prima ferocemente su di loro, per poi scappare in seguito alla loro reazione di difesa.
Anche il WWF si schiera a favore dell'orso, ma soprattutto contro le condanne a morte prese alla leggera, e dichiara "vanno fermati gli abbattimenti ‘automatici' di tutti gli orsi coinvolti in incontri ravvicinati o incidenti, modificando il testo del Piano d'azione per la conservazione dell'orso sulle Alpi (PACOBACE), che prevede la possibilità di abbattimento anche in caso di orsi che hanno semplicemente fatto ciò che la natura gli ha insegnato". E così il Ministro Sergio Costa, sulla vicenda, dichiara: "La mia posizione è sempre stata la stessa, e non è cambiata: gli orsi non si uccidono! Il tema dell'abbattimento degli animali è molto complesso e va analizzato in un modo molto ampio e scientifico".
Sono molti gli aspetti che non tornano di questa vicenda, ciò che è certo è che Fugatti non vede l’ora di liberarsi di questo orso. Un bel morto e via. Problema risolto. Siamo sicuri?
Nel 2020 il contatto dell'uomo con la natura sembra essere praticamente nullo, ci siamo dimenticati di essere animali quindi sembra normale essersi dimenticati cosa significhi essere animali: la natura lì fuori però non è cambiata. Gli orsi stanno solo facendo gli orsi, in un habitat in cui noi esseri umani li abbiamo reintrodotti, adesso però non ci va più bene. Non riusciamo a convivere con gli altri animali rispettando i loro spazi.
Qual è esattamente l'obiettivo dell'essere umano nei confronti della natura? Amiamo gli animali chiusi negli zoo, nelle gabbie, e gli spariamo a vista in libertà. Ma questo non è amore, ma ignoranza e opportunismo.
Lo vediamo anche nella nostra società umana, è tutto bello quando è lontano, quando si tratta di adeguare i nostri spazi anche ad altri, come nel caso dei migranti, sembra quasi impossibile provare empatia: e allora anche in quel caso sparare ai barconi ci sembra la scelta più ovvia, più saggia.
Certo, è forse una coincidenza che Fugatti sia un leghista, la passione per sparare agli altri sembra essere più forte di quella per la conoscenza, l'accoglienza, l'apertura (mentale), l'educazione e la convivenza.
C'è da augurarsi di non essere noi i prossimi che secondo alcuni meritano un colpo in testa perché, improvvisamente, non rientrano più nelle regole del territorio.