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Sostiene in carcere otto esami ma il giudice gli nega la laurea

Un detenuto del carcere di Frosinone ha portato a termine, da dietro le sbarre, il suo percorso di studi in Scienze Politiche ma ora, quando il diploma di laurea è a un passo, si è visto negare dal giudice il permesso per recarsi a discutere la tesi.
A cura di Susanna Picone
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Negli ultimi mesi un detenuto del carcere di Frosinone, dietro le sbarre per rapina, ha sostenuto gli otto esami che gli mancavano per conquistare presso una università telematica la laurea in Scienze Politiche. Un percorso che avrebbe dovuto concludersi nelle prossime ore, con la discussione della tesi. Ma questo non avverrà. Il giudice di Sorveglianza del tribunale di Frosinone non ha concesso, infatti, il permesso al detenuto per andare a sostenere la tesi di laurea. Il laureando a un passo dal titolo di dottore è un trentaduenne di Ceccano, in Ciociaria, che è stato condannato a tre anni con l’accusa di rapina a extracomunitari e imprigionato nel dicembre del 2011. Uscirà dal carcere nel marzo del prossimo anno. L’uomo, una volta rinchiuso, ha sostenuto gli esami universitari preparandosi da solo sui libri perché non ha potuto seguire le lezioni via computer e ha anche superato tutte le prove con ottimi voti, in qualche caso raggiungendo anche la lode.

“Reinserimento sociale nelle belle parole dei politici” – L’avvocato del detenuto Calogero Nobile aveva dunque chiesto al giudice il permesso per accompagnare l’assistito, anche con la scorta, a discutere la tesi ma la risposta è stata, appunto, negativa. Il legale si rivolgerà ora al ministro della Giustizia e al Consiglio superiore della magistratura. “Il giudice – ha fatto sapere l’avvocato – ha sostenuto che non c’è bisogno dell’autorizzazione ma che la Commissione di laurea dell’università deve recarsi in carcere per l’esame di laurea. È una decisione che contraddice i principi fondamentali di rieducazione e reinserimento sociale dei detenuti. Si nega la possibilità a un recluso di laurearsi, cosa che non capita tutti i giorni, e di aprirsi a nuove prospettive una volta finita di scontare la pena”. Insomma, secondo l’avvocato del detenuto laureando – “il reinserimento sociale resta solo nelle belle parole dei politici”.

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