Sospesa dal lavoro perché rifiuta il vaccino, il giudice respinge il ricorso: “Misura adeguata”
L'obbligo vaccinale per il personale sanitario è una misura legittima. A ribadirlo è stato il giudice del lavoro di Terni, respingendo il ricorso di una lavoratrice che è stata sospesa dalla sua mansione e alla quale è stato sospeso anche lo stipendio. La protagonista della storia è una operatrice sociosanitaria dipendente della cooperativa Actl New di Terni, che a febbraio scorso decise di rifiutare la somministrazione del vaccino contro il Covid ritenendolo un trattamento sanitario ancora sperimentale. La donna rifiutò di firmare il consenso informato, perché prima voleva conoscere effetti e possibili controindicazioni del vaccino anticovid.
Successivamente l'oss è stata sospesa dal lavoro dalla sua cooperativa, al momento dell'entrata in vigore dell'obbligo vaccinale per il personale sanitario introdotto dal governo Draghi il primo aprile scorso. Secondo quanto previsto dalla misura, per i sanitari che rifiutano di vaccinarsi contro il Covid è previsto il demansionamento (quando possibile) oppure proprio la sospensione dal lavoro, con conseguente adeguamento o sospensione dello stipendio. Per l'operatrice sociosanitaria umbra è scattata proprio misura più drastica, ma la donna ha deciso di fare ricorso.
Dopo aver ribadito la propria idea al medico aziendale, la donna era stata dichiarata non idonea al lavoro. Per questo per lei era arrivato il provvedimento di sospensione dal lavoro e dello stipendio per due anni. Ora però l'oss, che è addetta all'assistenza di persone anziane, fragili e non autosufficienti, si è vista respingere il ricorso dal giudice del lavoro di Terni perché la misura è legittima: "Adeguata e proporzionata", l'ha definita il giudice. La sospensione, però, è stata modificata nella durata: il nuovo termine è il 31 dicembre 2021, come previsto dal decreto del governo Draghi.