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Sorelline di 3 anni e 16 mesi uccise a 18 giorni di distanza dalla mamma: “Erano un limite”

Louise Porton, 23 anni, è accusata di aver ucciso le due figlie Lexi di 3 anni e Scarlett di 16 mesi ostruendo le loro vie respiratorie. Anche se lei continua ad affermare la sua innocenza davanti ai giudici nel processo in corso, per i medici le bimbe sono decedute “per patologie respiratorie ma non riconducibili ad alcuna causa naturale”: “Lo ha fatto perché erano un limite al suo desiderio di uscire e vedere gente”.
A cura di I. A.
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È accusata di aver ucciso le sue due figlie, rispettivamente di soli 3 anni e 16 mesi, la 23enne Louise Porton, di Rugby, in Inghilterra, ostruendo le loro vie respiratorie. È cominciato in questi giorni il processo per la morte di Lexi Draper e Scarlett Vaughan, avvenuta a soli 18 giorni di distanza l'una dell'altra lo scorso anno. I fatti risalgono al gennaio 2018: la prima ad avere la peggio è stata Lexi, la primogenita. Il 2 gennaio è stata portata in ospedale con apparenti problemi respiratori. I medici credevano avesse un'infezione al torace e l'hanno rimandata a casa con una cura antibiotica. Poco più di 10 giorni dopo i paramedici hanno risposto ad una chiamata di soccorso e quando sono arrivati nell'abitazione della donna hanno trovato la bambina priva di sensi e ne hanno dichiarato il decesso poco dopo. Stessa scena l'1 febbraio, quando anche Scarlett, la più piccola, è stata trovata cadavere. Louise aveva dichiarato che la bimba si era addormentata nella macchina mentre lei la portava in ospedale, ma non dormiva affatto, era morta forse già da qualche ora.

Rispondendo alle domande dei medici, la mamma aveva risposto che entrambe le sue bambine erano morte a causa dell‘influenza. "Era apparentemente calma e senza emozioni", ha detto in aula il giudice Oliver Saxby. Le figlie avevano, in effetti, alcuni sintomi chiari, come l'ostruzione delle vie aeree, ma agli inquirenti la versione della donna non hai mai convinto. "Qualcuno aveva interferito con il loro respiro. Entrambe sono morte è vero per patologie respiratorie ma non riconducibili ad alcuna causa naturale", ha continuato il giudice. Per questo, hanno cominciato a indagare sulla sua vita privata, scoprendo che la donna, subito dopo la morte delle piccole, ha cominciato a frequentare uomini e ad avere una vita sociale attiva, così come è stato confermato dalle analisi sul suo smartphone. "Non è stato difficile arrivare alla conclusione che lei considerasse le due figlie un intralcio, un limite al suo desiderio di uscire e vedere gente. Adescava uomini sui siti di incontri e cercava di intrecciare relazioni a fini di lucro", ha detto ancora il giudice.

Louise, intanto, si difende affermando di non avere nulla a che fare con la morte delle due bimbe: "I miei figli non sono mai stati un disagio per me e ho organizzato la mia vita assecondando le loro esigenze", ha detto alla polizia. Tuttavia, è emerso dalle indagini che la mamma ha anche cercato su internet istruzioni su come provocare il decesso di un bambino, cosa osservare mentre la morte sopraggiunge, scendendo, peraltro, in ricerche specifiche sul rigor mortis e il raffreddamento dei corpi. La vicenda, dunque, è ancora avvolta dal mistero. Il processo continua.

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