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Sono nati qui, vanno a scuola qui: sono italiani, di dove sennò?

Il Ministro Cecile Kyenge ha subito proposto l’applicazione del principio dello ius soli, ma nella maggioranza subito c’è stato chi si è opposto.
A cura di Antonio Menna
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A Napoli mi è capitato di vedere bambini dalla pelle ambrata, indiani o cingalesi recintare uno spazio e giocare a cricket, una sorta di baseball ovviamente adattato. E' bello sentire i loro incitamenti in perfetto dialetto napoletano. La stessa cosa mi accade sui bus di Roma. Ragazzini con gli occhi a mandorla, o neri come la pece, parlano tra loro in un romanesco stretto. Hanno i tratti di un altro mondo ma se aprono bocca, parlano il nostro dialetto. Sono nati qui. Vanno a scuola qui. Non sono stati in nessun altro Paese. Sono italiani. Eppure c'è qualcuno che si ostina a considerarli stranieri. Stranieri di dove? E' stato bello vedere Cecile Kyenge giurare da Ministro. Peccato lo sia in un governo di poca credibilità. La prima cosa che ha detto è che bisogna introdurre anche da noi la regola dello ius soli. Cioè, chi nasce in Italia, è italiano. Subito, nella maggioranza, si è alzato qualcuno a dire: "questa cosa non fa parte del programma di governo". Cosa? La logica? Lo sapevamo.

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Antonio Menna, giornalista, scrittore autore tra gli altri del libro "Se Steve Jobs fosse nato a Napoli".
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