Una laurea in tasca, una figlia di appena tre anni da crescere e decine di porte sbattute in faccia ogni volta che ha cercato un lavoro. È la storia di Martina, una giovane mamma de L'Aquila che – come molte persone – vive sulla sua pelle le ingiustizie di un modello economico che lascia indietro milioni di persone: permette che studino e si formino, poi offre loro 3 euro all'ora e lavori in nero. Pubblichiamo la sua storia, comune a quella di tante altre persone in Italia.
Sono una mamma neolaureata e temo il futuro di mia figlia. Sono una mamma giovane, molto giovane, ho concepito mia figlia che avevo appena compiuto vent’anni, oggi ne ho ventitré e sono a un passo dalla tesi; mia figlia ne ha quasi tre.
Quando ho compiuto diciotto anni, l’idea era quella di lavorare, di fare un corso che mi aprissi accesso al lavoro, l’università per me era inutile. Una spreco di tempo e denaro. Alla nascita della mia piccola, ho dovuto rivalutare tutto, il lavoro scarseggiava, stipendio da 3 euro l’ora. Così ho preso scienze della comunicazione e ora a un passo dalla tesi, mi sono già immatricolata a psicologia.
Soldi, tanti soldi. Lavoro per pagare l’università, e non arrivo mai a fine mese con le spese. Ho lavorato al bar, al centro scommesse, come operaia, come donna delle pulizie, soprattutto in nero, senza contratto. E quando faccio le domande per le aziende mi chiedono se ho esperienza, non importa a niente se hai la laurea. "Ce l’hai l’esperienza come social media manager? Come web developer? Puoi tornare a casa".
La cosa frustrante è che a volte devo mentire su mia figlia, perché molti datori richiedono ragazzi giovani senza figli e addirittura ammettere di frequentare l’università diventa un problema. Come fai a lavorare se studi? Una volta feci la domanda al Globo, dissi che mi stavo laureando fiera. Mi hanno risposto: Otto ore di lavoro qui dentro non potrai affiancarle allo studio, cercato un part-time". Sono demotivata, sono preoccupata, temo il futuro di mia figlia e di tutti i bambini.