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“Sono cresciuto in una famiglia di testimoni di Geova. È stato terrificante”

Fanpage.it riceve e pubblica la lettera di Luca: “La mia infanzia ed adolescenza sono state traumatiche. Ho scritto una testimonianza per raccontare quello che ho passato, così che tutto quello che ho passato abbia un senso, che possa essere utile a qualcuno”.
A cura di Redazione
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Riceviamo e pubblichiamo la storia di un nostro lettore:

"Voglio scrivere questa testimonianza per far sì che ciò mi è accaduto abbia almeno un senso,  che possa essere d'aiuto ad altri. Racconterò la mia storia con la lucidità di chi solo oggi ha compreso cosa è successo , anche se ancora servirà tempo per accettarlo. Sono cresciuto in una famiglia di testimoni di Geova. Sin da piccolo sono stato indottrinato in tutto , seguivo i miei genitori alla lettera , come tutti i bambini.

La mia famiglia però era diversa. Sin dalle elementari cominciai ad avvertire i primi sensi di emarginazione: non potevo andare ai compleanni , festeggiare il Natale, travestirmi a Carnevale, andare alle feste. Andare a casa di un compagno non testimone era sempre un problema ed i miei genitori cercavano sempre di evitarlo, spingendomi invece a giocare con bambini testimoni.

E quando qualche volta riuscivo ad andare a casa di un bambino per giocare, mio padre mi spingeva a predicargli. Se facevo ciò che piaceva a Dio ero bravo, altrimenti ero cattivo. Ma tutte queste cose mi facevano sentire sempre "diverso" . Pochi o nessuno volevano essere miei amici, ma i miei genitori e l'organizzazione dicevano che era normale, fatto sta che ho passato la mia infanzia in solitudine.

Molto presto , a 13 anni mi battezzai come testimone, convinto di ciò che facevo . La verità è che avevo sempre vissuto solo quella realtà mentre ogni altra mi era stata vietata. Fin dall'infanzia ero stato bombardato da materiale che entra nel cervello causando una programmazione mentale. In oltre qualsiasi lettura che fosse in contrasto con ciò che insegnava l'organizzazione era vietata. Era stato guidato inconsciamente a scegliere quella vita, e poi non avrei mai voluto rattristare i miei genitori  e Dio, sentendomi in colpa.

Alle scuole medie l'isolamento sociale divenne più forte. Non potevo avere una fidanzatina perché era peccato. Se una bambina avesse provato un sentimento innocente  per me o io per lei, sapevo che non potevo , anzi non dovevo portarlo avanti. Così rifiutavo qualsiasi attenzione ed ero contento perché ero riuscito a resistere alle tentazioni del diavolo.

Ad ogni giovane testimone viene insegnato appositamente cosa dire per rifiutare: attenzioni, inviti a feste, compleanni, o semplicemente per uscire. La cosa terrificante di tutto questo è che la programmazione mentale è tale che i testimoni sono pienamente convinti di quello che fanno, credono che questo sia giusto . Quando si isolano sono felici perché hanno resistito alla tentazione. "Non sei tu ad essere anormale  è il mondo ad essere contro natura perché non segue le norme di Dio", questo mi diceva l'organizzazione. Ed io ci credevo, credevo a tutto.

Alle superiori poi arrivò l'adolescenza e la scoperta della sessualità che veniva fortemente repressa, perché era peccato fuori dal matrimonio. Qualsiasi relazione o sentimento andava represso sul nascere. I miei compagni di classe si divertivano, andavano a ballare, uscivano. Mi invitavano ma rifiutavo fino a quando giustamente non  lo chiedevano più, ed ero contento perché avevo detto no ad una tentazione , avevo fatto la cosa giusta .

L'organizzazione ci diceva che loro non si divertivano realmente , era solo un illusione. perché erano influenzati  dal diavolo. Ma soprattutto non avrei  voluto rattristare Dio. Quanti sensi di colpa … Ma è questo che viene inculcato nella mente di ogni giovane. Le uniche cose che facevo erano : studiare la bibbia, predicare , andare in sala. Ero sempre più solo, guardavo il mondo da una finestra. Ero un fantasma. Questo mi ha fatto perdere tante esperienze e momenti che non torneranno più.

Finalmente arrivò il momento in cui dissi alla mia famiglia che questa vita non faceva per me , che non c'è la facevo più. Ricordo l' ira di mio padre che si espresse con queste sue parole:"Hai voltato le spalle alla tua famiglia, l'hai rovinata , sei la pecora nera della famiglia. Avrei voluto avere un figlio normale come tutti , non come te. Quando avrai bisogno di noi  sarai solo."

Lo scopo che volevo raggiungere raccontando la mia storia è  far capire cosa avviene nella mente di un testimone di Geova, quanto sia influenzato e controllato senza rendersene conto. Ma la colpa non è loro , loro sono le vittime. Tutti i testimoni di Geova che ho conosciuto sono persone buone , ma sono talmente controllate dalla Società Torre di Guardia da divenire degli zombie. Non sono le altre persone a discriminare i testimoni di Geova ma è la Società che li costringe ad isolarsi. Quando vedete testimoni di Geova comportarsi in modo strano , sappiate che sono indotti a fare così , sono intrappolati in una prigione che non ha sbarre . Soffrono molto dentro ed hanno subito gravi traumi  sin dall'infanzia.

Il problema è che se cercherete di aiutarli, se gli metterete davanti la realtà , non vi ascolteranno. Risponderanno tutti con le stesse parole proprio perché sono controllati ma  senza rendersene conto, sono ciechi. Non vi vedranno come salvatori ma come tentatori del diavolo. Purtroppo devono liberarsi da soli dalle loro catene , è una lotta che devono fare da soli.

Forse penserete che tutto questo è assurdo e che perfino un ragazzino si renderebbe conto che non è sano. Ma non è così, io l'ho vissuto. Il controllo mentale è talmente radicato e la pressione familiare così pesante da impedire di uscire dal recinto, e ragionare al di fuori di quegli schemi. Ad ogni bambino figlio di  testimoni di Geova viene messo davanti un solo cammino, credendo di essere libero. Per trattenerlo all'interno vengono attuati sistemi di controllo psicologico ed emotivo di cui nessun testimone è consapevole. Sono in un labirinto  ma non se ne accorgono perché ci sono dentro.

Si potrebbe uscire dall'organizzazione. Ma farlo significherebbe perdere tutto: madre, padre, nonni, fratelli, amici che taglierebbero i contatti con te, ti cancellerebbero dalla loro vita. Ed è così che si rimane legati. Non si può uscire liberamente senza perdere qualcosa. Tutto questo non è umano.

Un giorno chiesi a mio padre cosa fosse più importante per lui :La sua risposta fu: "Che i miei figli servano Dio". Quella che speravo io? "Che tu sia felice ".

Per scrivere alla redazione di Fanpage.it: segnalazioni@fanpage.it

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