Sono 105 i religiosi morti dall’inizio della pandemia. Francesco: “Santi della porta accanto”
Tra i quasi 20.000 cittadini morti in Italia a causa del coronavirus ci sono almeno 105 tra preti, parroci e suore. Si tratta di religiosi che nella maggior parte dei casi hanno contratto il virus nel corso del loro servizio: in una corsia di ospedale, come cappellani nelle carceri, per dare conforto ai malati o aiutare gli ultimi che vivono in strada e sono più esposti al contagio. Il numero è stato fornito oggi dal quotidiano dei vescovi Avvenire, che li ricorda con l'hashtag #pretipersempre. Di loro si è ricordato anche Papa Francesco che, nel corso dei riti della Pasqua, li ha ricordati parlando di "santi della porta accanto", che "hanno donato la vita per amore". Nella diocesi di Bergamo, la più colpita, sono 25 i sacerdoti morti dall'inizio dell'epidemia, una conta tragica che continua incessante.
Tra questi troviamo alcune storie esemplari, come quella di Don Fausto Resmini, che è morto a 67 anni nell'ospedale di Como dove era ricoverato in terapia intensiva. Cappellano in carcere, fondatore di una comunità per minori, fino all'ultimo aveva girato a bordo del suo camper per assistere i senza tetto con coperte e cibo, ma soprattutto per portare una parola di conforto. C'è poi il parroco bergamasco don Giuseppe Berardelli che, già grave, ha scelto di rinunciare al ventilatore della terapia intensiva per dare la possibilità ad altro pazienti di lottare contro la malattia. Il più giovane del lungo elenco aveva 45 anni: si chiamando don Alessandro Brignone ed è stata la prima vittima con il collare bianco al Sud, più precisamente a Salerno.
La diocesi di Piacenza piange sei sacederdoti, tra loro don Paolo Camminati, noto a tutti con il soprannome di Camo. Amatissimo e conosciuto in città soprattutto per il suo decennale impegno al fianco dei più giovani e degli ultimi, un organizzatore instancabile che in tantissimi hanno ricordato con affetto. La diocesi di Parma anche è tra le più colpite, con sette religiosi morti. "Sono certo che chi era ancora in servizio pastorale si sia infettato per non sottrarsi al bisogno di consolare le persone che avevano appena perso un loro caro. Per i nostri preti fare il bene è irrinunciabile, e nulla li può distogliere dal farlo come sanno. Non hanno dubitato di dover aiutare gli altri", così li ha ricordati il vescovo Enrico Solmi.