Solo prima di morire Messina Denaro ha capito che nessuno l’aveva tradito: “Catturato per un mio errore”
Pensava di essere stato tradito Matteo Messina Denaro. Solo così nella sua mente il boss di Cosa Nostra, i giorni dopo il suo arresto, aveva dato un senso alla sua cattura: era riuscito a fuggire allo Stato per 30 anni, perché proprio ora, quando ormai la malattia era in stato avanzato, erano riusciti a trovarlo? Come avevano fatto a risalire a lui, a scoprire che dietro al nome di Andrea Bonafede c'era il numero uno dei latitanti d'Italia?
Per Matteo Messina Denaro l'arresto fuori dalla clinica La Maddalena a Palermo il 16 gennaio era stato possibile solo perché qualcuno a lui vicino aveva parlato e lo aveva tradito. Eppure i carabinieri del Ros gli avevano precisato fin da subito: "Le assicuro che non l'ha tradita nessuno". Il boss del Trapanese però non ci aveva creduto.
I dubbi di Matteo Messina Denaro sull'arresto
Il boss di Castelvetrano era convinto che "se un traditore ci fosse stato doveva cercarlo nella malattia, dentro la malattia". In altre parole: il traditore avrebbe rivelato la malattia non la sua identità. Matteo Messina Denaro aveva giustificato tutto ciò perché era stato preso fuori dalla clinica medica e non nella sua casa a Campobello di Mazara.
Per Matteo Messina Denaro era impossibile che ad averlo tradito fosse stato Andrea Bonafede, il suo fidato prestanome: "Solo se era pazzo si poteva mettere a dirlo. Perché capiva che poteva essere arrestato". Così aveva precisato Matteo Messina Denaro, morto lunedì 25 settembre, durante il suo terzo e ultimo interrogatorio lo scorso luglio davanti al pubblico ministero Paolo Guido. Un'altra persona che sapeva della sua malattia era sua sorella Rosalia. A tradirlo quindi, per il boss, o era stata la sorella o si era tradito da solo.
La malattia e "l'errore" di Matteo Messina Denaro
Ci sono voluti giorni per Matteo Messina Denaro per capire cosa fosse veramente successo e per credere alle parole del Colonnello: "Poi però, ragionando, ho detto: è vero". Cosa ha portato al suo arresto il boss di Castelvetrano lo ha letto dalle carte della Procura. Così ha scoperto che lo scorso 6 dicembre tre carabinieri del Ros di Boccadifalco di Palermo avevano trovato un appunto nella gamba della sedia nella camera da letto a casa della sorella Rosalia.
La fidatissima donna aveva scritto su un pezzo di carta le date più significative della malattia del fratello: come un promemoria accuratamente nascosto che metteva nero su bianco visite e operazioni. Da quel ritrovamento erano scattate le indagini che hanno portato all'arresto del boss. Nessun tradimento quindi, ma un appunto mai distrutto dell'amatissima sorella.
Dopo aver capito che non c'era stato nessun traditore Matteo Messina Denaro si era così convinto di due cose: era stato preso per la sua malattia e per "un errore mio". Il boss di Castelvetrano avevano spiegato al pubblico ministero che il suo errore era stato quello di dire a sua sorella del tumore.
E durante l'interrogatorio ha spiegato anche perché ha preferito svelare tutto alla parente e non restare in silenzio: "Non volevo farmi trovare morto e nessuno in famiglia sapeva niente". Così come era stato per suo padre Francesco Messina Denaro, morto da latitante: avevano fatto trovare il suo corpo già pronto per la sepoltura.
Matteo Messina Denaro invece non voleva che i suoi parenti più stretti sapessero della sua morte dai giornali. Così aveva raccontato tutto – si pensa tramite pizzini – alla sorella, una della pochissime parenti allora ancora in stato di libertà. Poi anche per lei è scattato l'arresto pochi giorni dopo quello di suo fratello.
Matteo Messina Denaro morto da detenuto al 41bis
Alla fine Matteo Messina Denaro è morto da detenuto al 41 bis. Quando è entrato nel carcere de L'Aquila il suo tumore era già al quarto stadio. L'8 agosto il boss viene ricoverato in ospedale dove morirà lunedì 25 settembre. Matteo Messina Denaro aveva firmato un testamento biologico in cui chiedeva di essere solo idratato e non più alimentato. Aveva poi espresso il desiderio di essere sedato e svegliato solo e soltanto quando doveva incontrare, anche per l'ultima volta, i suoi cari venuti in ospedale a salutarlo. E così è stato.