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L'omicidio Meredith Kercher

Sollecito si racconta: dalle lettere a Amanda Knox all’amicizia coi pedofili in carcere

Dalla notte in cui 17 anni fa fu uccisa Meredith Kercher, passando per il rapporto con Amanda Knox fino all’isolamento in carcere e poi l’assoluzione: il racconto di Raffaele Sollecito.
A cura di Biagio Chiariello
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Sono passati 17 anni dall'omicidio di Perugia. Ieri Raffaele Sollecito, prima condannato e poi assolto assieme ad Amanda Knox per l’omicidio di Meredith Kercher, ha concesso una lunga intervista a ‘Sette’, magazine del Corriere della Sera, nella quale l'ex studente di Informatica ha riflettuto sulla difficoltà di ricostruirsi una vita e una reputazione dopo le accuse e quattro anni passati in carcere.

Durante quel primo periodo, Sollecito ha continuato a scrivere lettere ad Amanda, condannata a tre anni di reclusione per calunnia. L'allora 23enne sta frequentando la ragazza americana da poco tempo. Almeno fino alla tragica sera del primo novembre 2007“. Le ho scritto qualche lettera, ma mi sono accorto che le sue risposte non erano libere. Cosa le scrivevo? Se lei provasse ancora qualcosa per me“. Risposta? “No”. Sul motivo per cui ha posto questa domanda alla Knox, ha spiegato: “L’idea che ci fosse qualcuno che mi amasse… Ne avevo bisogno“. Poi ha sottolineato che smettere di pensarla era impossibile: “impossibile” perché “la televisione parlava di lei, di noi”.

Sul suo periodo in carcere, Raffaele Sollecito, oggi 40enne, ha poi aggiunto: “Col tempo, piano piano, ho cercato di farmi bastare la famiglia e alcuni detenuti”. L'inizio del resto è stato duro, considerando i primi sei mesi in isolamento. Qui ha modo di fare amicizia con i "veri esclusi".

Ci sono detenuti che piangono, altri che si feriscono, mutilano. Ogni notte si levano grida di dolore. Alcuni non si rendono conto di quello che hanno fatto, qualcuno è innocente, altri sanno bene ciò che hanno commesso, tutti soffrono. La sofferenza in carcere rende uguali“.

"In carcere ci sono i clan, farne parte significa essere costretti a difendere il capo, esporsi a rischi, e io non volevo guai, così ho fatto amicizia coi veri esclusi, quelli che nessuno considera e che non entrano in conflitto con nessuno: i pedofili", racconta Sollecito. "Ho giocato a biliardo, ascoltato le loro storie. Ho passato molto tempo con uno psichiatra accusato ingiustamente dalla moglie di aver molestato la figlia piccola", ricorda.

Quando è arrivata l'assoluzione, ricorda di aver "incontrato Amanda in ascensore, lei felice, come lo erano gli avvocati. L’unico depresso ero io“. Poi ha spiegato il motivo: “L’idea di affrontare il mondo fuori”.

Nonostante l'assoluzione definitiva, Sollecita dice infatti di fare fatica a ritrovare normalità e accettazione nella società. Del resto il mondo fuori “non è stato facile". E in tal senso ha raccontato di diversi episodi. Di uno ha detto: “Tempo fa ero a Corso Como con degli amici, vedo una ragazza carina, le dico ciao. Lei mi riconosce, e scoppia a piangere. I suoi amici mi circondano, io spiego di aver detto semplicemente ciao. Quando ci chiariamo, qualcuno mi dice che devo capire, non tutti pensano che io sia innocente, e possono avere paura”.

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