Sofia Stefani uccisa ad Anzola, le telefonate e le chat dell’ex comandante: “Non vivo più”
Continua a dire che si è trattato di un incidente Giampiero Gualandi, 62enne ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia che è stato arrestato dopo la morte di Sofia Stefani, ex vigilessa di 33 anni uccisa il 16 maggio scorso da un colpo partito dalla pistola dell’uomo.
Gualandi si trova in carcere: finora si è difeso dicendo che il colpo letale è partito accidentalmente nell'ufficio del comando della polizia locale di Anzola, ma l’accusa contesta l'omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla relazione affettiva.
Inizialmente prevista per domani, slitta al 24 maggio, con un diverso medico legale, il conferimento dell'incarico per l'autopsia sulla vittima. La Procura di Bologna incaricherà la dottoressa Valentina Bugelli di Parma (e non più Arianna Giorgetti) di eseguire gli accertamenti sul corpo della vittima.
Dall’esame ci si aspettano chiarimenti non tanto sulle cause della morte della vigilessa, ma sulla dinamica di quanto accaduto. Per cercare di capire se si è trattato, come sostiene Gualandi, di un tragico incidente o se è stato un gesto intenzionale.
Il pm chiederà di accertare la traiettoria del proiettile, che ha colpito la vittima sotto un occhio. Sicuramente saranno necessari anche accertamenti balistici.
E si indaga nel frattempo sulle telefonate prima della morte di Stefani e sulle chat: “Non sto bene, non vivo più”, avrebbe scritto Gualandi in alcuni messaggi, stando alle prime ricostruzioni. I due, come ha confermato anche l’avvocato di lui, avevano avuto una relazione. “È evidente che Gualandi fosse stressato, come si evince dal tenore dei messaggi inviati nei giorni precedenti a Sofia Stefani”, è quanto si legge nel provvedimento la custodia cautelare in carcere per l’ex comandante della polizia locale.
Questo non renderebbe credibile che lui non sapesse della presenza della donna al comando e che la pistola si trovasse sulla sua scrivania perché la stava pulendo. Stando a quanto ricostruisce oggi il Corriere di Bologna, dalle indagini svolte finora sarebbero emerse almeno 15 telefonate che la donna fece quel giorno a Gualandi, l’ultima solo 7 minuti prima dello sparo.
Oltre all’autopsia, per capire cosa accaduto nel Bolognese sarà importante quindi anche analizzare i contenuti dei telefoni e dei dispostivi elettronici sequestrati.