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Slitta al 3 dicembre la sentenza su Rigopiano, i parenti in attesa: “Sentite banalità in aula”

Slitta al 3 dicembre la sentenza della Cassazione nel procedimento per la strage di Rigopiano. “Sembrano pochi giorni ma pesa tanto per chi ha atteso già tutto questo tempo, otto anni sono un’eternità” hanno dichiarato i familiari delle vittime.
A cura di Davide Falcioni
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La Corte di Cassazione ha deciso di rinviare al 3 dicembre la sentenza nel procedimento per la strage di Rigopiano dove il 18 gennaio del 2017 morirono 29 persone a causa di una valanga che travolse un hotel. Una decisione che era ormai attesa visto il protrarsi del dibattimento. "Si tratta di un processo importante, ci hanno detto che rinviano al 3 dicembre perché vogliono studiare bene le carte" hanno spiegato gli avvocati dei familiari delle vittime.

Un'attesa che però pesa per molti dei familiari che pensavano di poter avere finalmente una risposta definitiva dalla legge. "Sembrano pochi giorni ma pesa tanto per chi ha atteso già tutto questo tempo, otto anni sono un'eternità" ha dichiarato ad esempio a Fanpage.it Paola Ferretti, mamma Emanuele Bonifazi, uno dei lavoratori dell'albergo. Molte le critiche anche su quanto sentito in aula e sulle dichiarazioni dei legali della difesa. "Si è cercato di negare le evidenze, di discolpare chi poteva e doveva salvarli, per noi è stato pesante ascoltare" ha aggiunto la donna. "Non so quale sarà l'esito ma io ho assistito a una lotta tra legali a chi è più bravo ma delle vittime si è parlato pochissimo e mai del perché sono morte", ha dichiarato invece Federica di Pietro, figlia di due delle vittime di Rigopiano. "Ho anche ascoltato tante banalità in questi giorni. Come Gino Cecchettin mi son sentita offesa dai legali della difesa perché è giusta la difesa ma deve avere un decoro e un limite" ha aggiunto, sottolineando: "Se si va oltre si offendono quelle persone che non ci sono più".

Ieri il sostituto procuratore generale di Cassazione Giuseppe Riccardi aveva chiesto un processo d'Appello bis per l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, condannato a 1 anno e 8 mesi per rifiuto di atti d'ufficio e falso, per valutare anche le accuse di concorso in omicidio colposo, in lesioni colpose e in depistaggio per le quali è stato assolto in Appello. Il Pg aveva inoltre chiesto l'annullamento delle assoluzioni nei confronti di sei persone, rappresentanti dell'autorità regionale di protezione civile dell'Abruzzo, e la conferma delle condanne di cinque imputati: i dirigenti della Provincia Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio (entrambi 3 anni e quattro mesi), l'ex gestore dell'hotel Bruno Di Tommaso (6 mesi), l'allora sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, il tecnico del Comune Enrico Colangeli (2 anni e otto mesi per entrambi). "Siamo soddisfatti delle richieste della Procura, perché ripropone il nostro impianto accusatorio", ha detto l'avvocata di parte civile Wania Della Vigna.

Il Pg: "Ordinanza di sgombero avrebbe evitato l'evento dannoso"

Nelle due ore e mezza di ricostruzione ieri il Pg ha sottolineato che "le linee guida chiarivano come il rischio valanghivo interessasse soltanto il 6% dei comuni e tra questi c'era Farindola". Secondo il magistrato, "l'ordinanza di sgombero dell'Hotel Rigopiano, se assunta, avrebbe evidentemente evitato l'evento dannoso".

Per il sostituto procuratore generale, "l'evento valanghivo, per una serie di segnali di allarme, era prevedibile". "I segnali di allarmi erano molteplici – ha proseguito –, si evidenziavano 9 eventi valanghivi nell'area. Ci sono i bollettini meteo di quel periodo, la relazione delle guide alpine e poi la chiusura delle scuole adottata il 15 gennaio 2017".  Stando a quanto emerso dalla requisitoria del sostituto Pg, "il 17 gennaio 2017 il pericolo valanghe era forte e venne comunicato alla prefettura. Non c'era un vero allarme rosso ma sussisteva un pericolo forte che rendeva necessario istituire il Ccs e la sala operativa, che avrebbe reso possibile approntare misure, come la chiusura di strade e l'invio dell'esercito come poi è stato fatto". "Il grande assente nell'individuazione dei responsabili di questo processo è il profilo di responsabilità dei rappresentanti dell'autorità regionale di Protezione Civile", ha detto ancora.

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I familiari delle vittime: "Provolo poteva fare qualcosa e non l'ha fatto"

"Il prefetto Provolo era la massima autorità sul territorio, poteva fare qualcosa e non l'ha fatto. Ha fatto un danno non solo al ministero, ma a tutti gli italiani. Siamo stati sempre convinti delle sue responsabilità. La requisitoria del procuratore generale in Cassazione non fa che confermare le nostre convinzioni. Ora, però, c'è la scure della prescrizione. Cerchiamo di salvare il salvabile", ha dichiarato questa mattina Gianluca Tanda, presidente del Comitato vittime di Rigopiano.

Le condanne in Appello emesse a febbraio

Il 14 febbraio di quest'ano la Corte d'Appello de L'Aquila aveva parzialmente riformato il verdetto di primo grado condannando l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo e il suo capo di gabinetto  Leonardo Bianco – assolti un anno prima e poi accusati di falso e omissione con una pena rispettivamente di 1 anno e 8 mesi e di 1 anno e 4 mesi – e il tecnico del comune di Farindola Luigi Colangeli, nei confronti del quale i giudici hanno disposto una pena di 2 anni e 8 mesi.

In quella sede vennero inoltre confermate le 22 assoluzioni e le 5 condanne inflitte in primo grado. La Corte d'Appello aveva individuato gli amministratori locali, che hanno dato i permessi di costruzione dell'albergo, e il sindaco, che doveva impedire l'ascesa dei turisti – e anzi doveva sgomberare il resort -, come i principali responsabili delle 29 morti, insieme ai dirigenti della provincia addetti alla viabilità e alla gestione dei mezzi di soccorso, stabilendo che la tragedia è principalmente una fatto legato alla gestione del territorio in quel frangente, escludendo ogni responsabilità sulla mancata realizzazione da parte della Regione della Carta Valanghe o la scossa di terremoto che ci fu quella mattina.

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