Silvia Romano, l’indiscrezione sulla conversione all’Islam: “Lo dirò subito a mia madre”
Silvia Romano, la volontaria italiana di 24 anni rapita in Kenya il 20 novembre 2018, è atterrata questo pomeriggio alle 14. Finalmente a casa oggi, dopo 535 giorni di prigionia con un volo speciale dal quale la 25enne volontaria è scesa indossando abiti somali e mascherina.
A dare la notizia ieri è stato il presidente del Consiglio Conte, che oggi in un'intervista dice che il merito è "dei nostri servizi di intelligence, in particolare della nostra Agenzia esterna, del lavoro investigativo dell'autorità giudiziaria, della costante attenzione del ministro Di Maio e della Farnesina e del ministro Guerini e della Difesa. La protezione della vita dei nostri connazionali è una priorità per il governo". Poco dopo l'annuncio del premier di ieri pomeriggio è arrivato il messaggio del titolare della Farnesina, Luigi Di Maio: "Volevo darvi una buona notizia. Silvia Romano è libera. Lo Stato non lascia indietro nessuno. Un abbraccio alla sua famiglia. E un grazie alla nostra intelligence, all’Aise in particolare, alla Farnesina e a tutti coloro che ci hanno lavorato".
Silvia è stata sequestrata nel villaggio di Chakama, a ottanta chilometri da Malindi, 18 mesi fa: una banda armata assalta la sede dell'organizzazione per cui lavora, ‘Africa Milele'. Nella zona non è il primo rapimento di stranieri da parte legato a fondamentalisti islamici che hanno base in Somalia. Sin dall'inizio della vicenda la prima pista seguita dagli inquirenti è appunto quella dei gruppi terroristici vicini ad Al Shabaab.
Il primo segnale che le trattative per la sua liberazione, che in questi mesi non si sono mai fermate, potessero andare a buon fine è arrivato il 17 gennaio 2020, con un video che mostra la cooperante, che sembra in buona salute: "Sono Silvia Romano, sto bene…". Il filmato conferma la mano jihadista dietro alla sua cattura. Degli otto autori del rapimento due vengono arrestati, cinque sono ricercati. Dopo la diffusione del filamto parte l'ultima delicata fase, quella della negoziazione per il pagamento del riscatto, che si concluderà positivamente nella notte di venerdì, dopo un percorso incerto e accidentato durato tre mesi, il cui esito non era affatto scontato. È solo grazie alla collaborazione tra l'Aise e i servizi segreti somali, e alla Turchia che nell'area è in contatto con diverse fonti, che nella notte tra l'8 e il 9 maggio Silvia viene rilasciata a 30 chilometri da Mogadiscio: arriva in buone condizioni, indossando gli abiti tradizionali delle donne somale. Viene subito portata all'ambasciata italiana di Mogadiscio, e lì spiega di essersi "converita" all'Islam: "Ne parlerò con mia mamma appena la rivedrò", avrebbe detto, secondo quanto riporta il ‘Corriere della Sera'. La notizia della sua conversione era già trapelata nei mesi scorsi, e si era anche parlato di un matrimonio con uno dei suoi carcerieri, che potrebbe averla costretta a convertirsi, dopo torture e pressioni psicologiche. Come sono andate realmente le cose lo racconterà Silvia, forse già oggi pomeriggio, quando vedrà i magistrati e i carabinieri del Ros.
Come è stata liberata Silvia Romano
In questi mesi l'opinione pubblica è rimasta con il fiato sospeso, tra notizie frammentarie e momenti di silenzio, e a tratti si è temuto che la cooperante non avrebbe più fatto ritorno in Italia. I suoi rapitori raccontano di averla ceduta alla fazione fondamentalista somala, dopo un viaggio durato settimane. Alcuni emissari del gruppo di Al Shabaab raccontano che Silvia è rimasta a lungo nella zona di Bay, nel villaggio di Buulo Fulaay, rinchiusa in una grotta con altri ostaggi.
I terroristi fissano un prezzo, ma i servizi segreti vogliono prima capire se stanno trattando con le persone giuste. La cifra da versare potrebbe aggirarsi attorno al milione di euro. Solo qualche settimana fa c'è la conferma che l'incubo si sta avvicinando alla fine. Un gruppo di agenti segreti si trasferisce quindi in Somalia, per organizzare lo scambio nei minimi dettagli. Lo scambio con i sequestratori è il momento più difficile, può succedere di tutto: nel posto convenuto, in cui Silvia verrà liberata, ci sono colpi di mortaio, c'è un'alluvione, e il viaggio verso Mogadiscio è pericoloso. Una volta in salvo, arrivata in ambasciata, Silvia telefona finalmente ai genitori, presto potrà riabbracciarli. Poi parla al telefono con il premier Conte e con il ministro Di Maio, presto potrà incontrarli di persona.