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Il rapimento di Silvia Romano in Kenya

Silvia Romano, perquisita la sede della onlus Africa Milele: sequestrati pc e documenti

La sede di Fano dell’associazione Africa Milele, con la quale Silvia Romano era partita nel 2018 alla volta del Kenya prima di essere rapita, è stata perquisita dai carabinieri del Ros nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma sul sequestro e sulla liberazione della cooperante 25enne. Acquisita documentazione relativa alle attività dell’associazione e materiale informatico.
A cura di Ida Artiaco
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Silvia Romano
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Non c'è pace Silvia Romano, la cooperante 25enne tornata in Italia la scorsa settimana dopo essere stata tenuta prigioniera tra Kenya e Somalia per 18 mesi. E' di pochi minuti fa la notizia della perquisizione della sede di Fano della onlus Africa Milele, tramite la quale la ragazza era partita alla volta dell'Africa per seguire un progetto nei pressi di Malindi. L'operazione, eseguita dai carabinieri del Ros, rientra nell'ambito dell'inchiesta, al momento a carico di ignoti, della Procura di Roma che si sta occupando della vicenda. I militari hanno acquisito documentazione relativa alle attività dell'associazione e materiale informatico, copiando i dati di alcuni hard disk e il contenuto dei telefoni. Si tratta di un controllo per verificare le condizioni di sicurezza in cui si trovava la giovane volontaria al momento del rapimento, avvenuto in Kenya il 20 novembre 2018.

Negli ultimi mesi i responsabili di Africa Milele sono stati ascoltati più volte dalle autorità, per verificare le modalità del viaggio e della permanenza della volontaria nel villaggio di Chakama, ma non era mai stata effettuata alcuna perquisizione. L'operazione arriva pochi giorni dopo le parole del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che mercoledì scorso, riferendo in aula, aveva spiegato, proprio a proposito della onlus: "L'associazione Africa Milele per la quale operava Silvia Romano non rientra tra le organizzazioni iscritte al ministero. L'attività nell'ambito della quale la Romano operava non è dunque destinataria di alcun sostegno della cooperazione italiana. E ricordo che per l'espatrio e lo svolgimento di volontariato all'estero si prevedono le norme dell'art. 16 della Costituzione (ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi).  L'Associazione in questione ha quindi operato in totale autonomia, senza informare la Farnesina, eludendo qualsiasi potere di indirizzo e di informazione dei propri associati sotto il profilo della sicurezza".

Intanto, Silvia, che ha cambiato il nome in Aisha dopo la conversione all'Islam, sta proseguendo la quarantena nella sua casa a Milano, dove vive con la madre e la sorella. Negli ultimi giorni, dopo gli attacchi e gli insulti ricevuti in rete, ha lasciato un messaggio ai cittadini musulmani in Italia: "Grazie, Allah vi benedica per tutto questo affetto che mi state dimostrando". Prima ancora, dal suo profilo Facebook, visibile solo agli amici, aveva detto: "Non arrabbiatevi per difendermi, il peggio è passato. Non vedevo l'ora di scendere da quell'aereo perché per me contava solo riabbracciare le persone più importanti della mia vita, sentire ancora il loro calore e dirgli quanto le amassi, nonostante il mio vestito".

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