Silvia Romano, altri arresti in Kenya. La polizia: “Ci sono informazioni utili, ottimisti”
La polizia kenyana sta cercando i tutti i modi di stringere i tempi e chiudere il cerchio attorno ai rapitori di Silvia Romano, la 23enne volontaria italiana sequestrata martedì in un villaggio locale a circa 60 chilometri da Malindi. Dopo i 14 fermati dei giorni scorsi , infatti, gli inquirenti hanno posto in stato di fermo altre sei persone ritenute complici o basisti dei rapitori o comunque con un ruolo all'interno della vicenda. Lo ha riferito il capo della polizia keniota Joseph Boinnet in una conferenza stampa. "Abbiamo 17 persone in custodia, e abbiamo arrestato altre tre persone che consideriamo di interesse per l’indagine" ha spiegato Boinnet. Si tratterebbe ancora di persone di secondo piano rispetto al gruppo responsabile del sequestro ma la polizia locale si dice fiduciosa di poter mettere le mani anche su quest'ultimo in poco tempo in modo da impedire un passaggio di mano dell'ostaggio.
Secondo Boinnet, infatti, tre delle sei persone arrestate, cittadini somali, avrebbero fornito informazioni preziose per rintracciare e salvare la nostra connazionale. "Ci hanno dato informazioni di grande valore a sostegno dell’operazione in corso per rintracciare e salvare la donna che è stata sequestrata da persone sconosciute" ha dichiarato il responsabile della polizia locale. Proprio a seguito delle loro rivelazioni il comandante della polizia regionale locale, Noah Mwivanda, ha rivelato che gli agenti di sicurezza hanno esteso l'operazione alle contee di Tana River e Taita Taveta.
Con questi arresti salgono ora venti i fermati dalla polizia del Paese africano in relazione al caso di Silvia Romano. Le indagini sono seguite attentamente anche dall'Italia dove il Ministero degli esteri ha mobilitato i suoi uomini sul posto. "È un episodio terribile che stiamo seguendo dall'inizio con l'unità di crisi della Farnesina. Le autorità keniote si stanno impegnando molto e noi stiamo seguendo molto, molto da vicino la vicenda" ha dichiarato oggi il ministro degli Esteri, Enzo Moavero ribadendo però che serve "l'inevitabile riserbo" previsto in questi casi.