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Il rapimento di Silvia Romano in Kenya

Silvia Romano ai pm di Roma: “Mi hanno sempre trattata bene, sono serena”

Silvia Romano, dopo il ritorno in Italia, è stata interrogata per quattro ore nella caserma dei carabinieri del Ros dai pm della Procura di Roma, raccontando i dettagli del suo rapimento in Kenya e poi della sua liberazione: “Sono serena. Sono sempre stata trattata bene. La conversione all’Islam è stata una libera scelta. Non c’è stato alcun matrimonio”.
A cura di Ida Artiaco
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"Sono serena. Sono sempre stata trattata bene". Sono queste le prime parole che Silvia Romano, la 25enne milanese tornata oggi in Italia dopo essere stata sequestrata in Kenya un anno e mezzo fa, ha detto ai pm della Procura della Roma, titolare del fascicolo aperto a piazzale Clodio per sequestro di persona per finalità di terrorismo. La ragazza, dopo essere atterrata alle 14 di oggi all'aeroporto di Ciampino ed aver riabbracciato i suoi familiari, è stata immediatamente trasferita davanti ai magistrati nella caserma dei carabinieri del Ros a cui ha fornito in una audizione durata oltre quattro ore ulteriori dettagli sul suo rapimento, avvenuto nel novembre del 2018 in un villaggio a pochi passi da Malindi, dove si trovava con la Onlus marchigiana Africa Milele, e la trattativa sulla sua liberazione.

Stando a quanto riferito da Silvia ai magistrati romani, il suo trasferimento dal Kenya alla Somalia sarebbe durato oltre mese. La 25enne, che in Italia è tornata con indosso una veste della tradizione musulmana verde e sul volto una mascherina anti-Coronavirus, avrebbe anche confermato che la conversione all'Islam è stata una libera scelta, nessuno l'avrebbe costretta a prendere una decisione del genere. "In questi mesi mi è stato messo a disposizione un Corano – ha detto – e grazie ai miei carcerieri ho imparato anche un po’ di arabo. Loro mi hanno spiegato le loro ragioni e la loro cultura. Il mio processo di riconversione è stato lento in questi mesi

Silvia ha spiegato poi di non aver mai visto in faccia i suoi rapitori e di aver cambiato covo ogni due/tre mesi ma di essere stata "trattata bene, ero libera di muovermi all'interno dei covi, che erano comunque sorvegliati" e di non aver subito violenze nei 15 lunghi mesi di prigionia trascorsi nelle mani dei jihadisti di Al Shabaab in Somalia. "Mi hanno assicurato che non sarei stata uccisa e così è stato", ha sottolineato. La cooperante ha anche spiegato di non essere stata costretta al matrimonio, smentendo le voci che si erano diffuse nei mesi scorsi. Dopo l’interrogatorio, Silvia sarà portata a Milano, nella sua città,  sempre con mezzi messi a disposizione dalla Presidenza del consiglio, probabilmente un aereo militare.

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