Sembra il giorno della marmotta ormai. Ogni mattina un telespettatore si sveglia e sa che dovrà correre più veloce di leone, gazzella e di Alfonso Signorini che, a suo agio nelle vesti di conduttore del Grande Fratello Vip, dice qualcosa che se poi glielo fai notare diventa che “non si può più dire niente”. Stavolta non parliamo di burqa, ma di aborto. Rivolgendosi in confessionale a Giucas Casella ha detto “noi siamo contrari all’aborto in ogni sua forma, anche quello dei cani”, frase che già di per sé meriterebbe un premio per il dadaismo involontario, ma che apre comunque la riflessione su vari aspetti.
Primo: noi chi? Quando un conduttore parla al plurale, a nome di chi lo fa? Autori del programma? Le reti Mediaset? I concorrenti in gara? Il pubblico? La domanda non è banale, perché dietro a chi parla c’è, o almeno dovrebbe esserci, la responsabilità di quello che si dice. La legge sull’aborto è stata votata diversi decenni fa dal 68% della popolazione, quindi statisticamente, a nome di chi sta parlando Alfonso Signorini? E soprattutto perché non lo specifica?
Secondo: quando Signorini parla di ogni forma di aborto, di cosa sta parlando? È contrario all’aborto terapeutico? O anche a quello reso necessario dopo una violenza sessuale? È contrario all’aborto praticato legalmente nelle strutture sanitarie (ammesso che si riesca a fare, vista la quantità di medici obiettori) o alle centinaia di aborti clandestini praticati ancora in un paese in cui vergogna, moralismo e giudizio vengono propinati in prima serata come se niente fosse?
Terzo: perché nessuno o nessuna si alza e dice quel “not in my name” che molti sgranando gli occhi si sono ritrovati a pensare di fronte alla scena? Perché tra i concorrenti non c’è stato uomo o donna che abbia detto che no, caro Alfonso, mettere in discussione in maniera così spicciola un diritto conquistato sulla pelle delle donne in decenni e decenni di lotta non si può fare, e non perché c’è la cancel culture, ma perché fa schifo, perché bisogna avere rispetto per chi ascolta e per le persone a nome di cui si parla.
Quarto: dall’alto di quale utero Signorini decide che “noi” siamo contrari all’aborto? Spiace dover sempre ricordare che nel privilegio patriarcale rientra anche questo vizio duro a morire, di parlare per la comunità, di allargare l’opinione personale a senso comune, forti di quelle spalle coperte che il gruppo che ha il potere di esprimersi ha sempre garantito. Difficile immaginare una donna conduttrice, al suo stesso posto, libera di dire che l’interruzione di gravidanza è un diritto garantito e che “noi” siamo favorevoli a qualunque forma di autodeterminazione. Anche quella dei cani.
Quinto: cosa succede il giorno dopo? Che ci indigniamo, scriviamo tweet, facciamo stories, gente come me che conta poco ci scrive un pezzo, lo condividiamo sui social magari, ma cosa cambia? Si prenderanno mai le distanze da affermazioni così gravi, in maniera costruttiva, finanche simbolica? Certo, Mediaset è una TV commerciale, non ha finalità pedagogiche nel suo statuto, ma forse è ora di una regolamentazione che stabilisca provvedimenti di fronte a uscite tanto infelici.
Se solo, per esempio, si applicasse la stessa dura mano che hanno sempre con quelle inaccettabili, vergognose, immorali, irrispettose bestemmie, sai che giornata stupenda sarebbe?
Qui il video (dal min. 6)