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Sigarette elettroniche, 5 euro in più su ogni ricarica: in Italia costi doppi rispetto a Ue

La Corte Costituzionale ha sancito che la tassa da 5 euro sull’acquisto dei liquidi per le sigarette elettroniche deve essere applicata sempre, indipendentemente dalla quantità di nicotina contenuta. Massimiliano Mancini, presidente di Anafe, spiega a Fanpage.it che così il costo dei flaconi per ricaricare le e-cig raddoppia, portando i consumatori italiani a spendere il doppio di quanto non si faccia negli altri paesi europei.
A cura di Stefano Rizzuti
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Da una parte la decisione del Parlamento di vietare la vendita online delle sigarette elettroniche. Dall’altra la sentenza della Corte Costituzionale di rendere legittima e applicata a tutti la tassa di cinque euro sui liquidi destinati alle e-cig. In pochi giorni il mercato delle sigarette elettroniche ha subito due colpi che potrebbero mettere in difficoltà il settore. La notizia che più mette in crisi gli operatori di categoria e i consumatori è quella dell’imposta di consumo. A spiegarlo è Massimiliano Mancini, presidente di Anafe, l’associazione nazionale produttori fumo elettronico che aderisce a Confindustria. Intervistato da Fanpage.it, Mancini spiega come funziona questa tassa.

Si tratta di una imposta di consumo di 4,90 euro per flacone sui liquidi contenenti nicotina. Tassa che esiste da anni e che è stata applicata in parte perché la norma lasciava libertà e permetteva di decidere se pagarla in misura parametrata alla quantità di nicotina presente nel liquido”, spiega. “Con la pronuncia della Corte Costituzionale – fa il punto Mancini – questa norma non è più interpretativa e si decide che anche senza nicotina diventa obbligatoria la stessa imposta. Adesso, quindi, vale per tutti. Prima il prezzo variava dai 5 ai 9 euro sul flacone, ora il costo sarà sempre intorno agli 8-9 euro”.

In sostanza, prima una grossa parte del mercato “applicava la tassa solo parametrandola alla quantità di nicotina dell’1%”. Una differenza sostanziale per i consumatori. I prodotti sono variabili, ma con “le e-cig più recenti un flaconcino può durare mediamente 3-4 giorni. In altri casi invece si consuma un flacone in poche ore. Dipende ovviamente dallo stile di utilizzo, c’è chi sta sempre con la sigaretta in bocca e chi ne fa un uso saltuario”, sostiene Mancini.

I prezzi in Europa: quasi la metà dell'Italia

I costi in Italia per le sigarette elettroniche diventano così completamente diversi da quelli di molti paesi europei. “Ci sono paesi in cui è minore il potere d’acquisto e i prezzi sono più bassi, come in Romania, dove un flacone può costare sui tre euro – spiega il presidente di Anafe -. Il prezzo medio dell’Ue si aggira attorno ai 4 euro, in Italia ormai costa il doppio. In Germania, Francia e Regno Unito non c’è nessuna imposta sulle sigarette elettroniche, in Germania il flacone costa cinque euro in meno che da noi”. Quindi, secondo Mancini, “finché non ci sarà una imposizione fiscale armonizzata a livello europeo rimarranno delle asimmetrie”. Il rischio è che ciò abbia ripercussioni sulla "salute pubblica in quanto la sigaretta elettronica è meno nociva" di quella tradizionale. "Speriamo quindi in una imposta più moderata", è l'augurio di Mancini.

Cosa cambia con l'emendamento al decreto fiscale

Un emendamento al decreto fiscale proposto da Simona Vicari (Ap) e approvato dal Parlamento prevede il divieto di vendita online delle e-cig. "Cambiano gli scenari – commenta il presidente di Anafe – ma se è un bene o un male non lo so. Chi vendeva solo online non può essere felice, mentre si avvantaggiano i negozi e le tabaccherie". Attualmente, si stima che circa il "25-30% del mercato" derivi dall'online, ma "è difficile dirlo con precisione". Questa novità, "come ogni cambiamento, porta problemi e opportunità", secondo Mancini: "Per chi vende solo online è un disastro, di contro per i tabacchi è una opportunità. Il mercato online porta prodotti non tassati dall’estero, mentre in Italia vengono tassati e si comporta una distorsione del mercato". Da questo punto di vista, però, "il mercato potrebbe normalizzarsi" anche in Italia: "Prima per un italiano era difficile competere".

Per quanto riguarda il lato tabaccherie, ora si "avvantaggiano anche i produttori perché si apre un ulteriore canale". Chi invece "aveva già i negozi, forse può trarre un vantaggio perché non ne verranno aperti di nuovi", ma – precisa il presidente di Anafe – "stiamo ancora aspettando possibili modifiche". Una delle ipotesi in campo potrebbe essere quella di "salvare alcuni negozi online, magari quelli che hanno fatto deposito fiscale e hanno quindi sempre operato correttamente".

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