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Sicilia, arrestato per corruzione il coordinatore per l’emergenza Covid: mazzette su appalti sanità

L’inchiesta ‘Sorella sanità’ ha portato all’esecuzione di 12 misure cautelari in Sicilia: l’indagine si è concentrata su alcuni appalti pubblici milionari riguardanti la sanità regionale. Ai domiciliari è finito anche Antonino Candela, attualmente coordinatore per l’emergenza Coronavirus in Sicilia. Secondo la Guardia di finanza, il sistema si basava su mazzette del 5% del valore della commessa.
A cura di Stefano Rizzuti
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Antonino Candela, coordinatore per l’emergenza Coronavirus in Sicilia, è finito agli arresti domiciliari in seguito a un’operazione della Guardia di finanza su alcuni appalti pubblici milionari sulla sanità. Candela è stato commissario straordinario e direttore generale dell’Asp 6 di Palermo, prima di diventare coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19 in Sicilia. Proprio per alcune gare indette dall’Asp di Palermo sarebbe finito al centro di un giro di mazzette. L’inchiesta riguarda appalti per 600 milioni di euro, coinvolgendo alcuni manager regionali, faccendieri e imprenditori. L’inchiesta è stata denominata ‘Sorella sanità’ ed è stata coordinata dalla procura di Palermo. Nelle ultime ore sono state eseguite 12 misure, tra cui anche quella a carico del manager dell’Asp di Trapani, oltre che di Candela.

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Inchiesta sulla sanità in Sicilia: mazzette del 5% su appalti

L’indagine si è concentrata su quattro procedure ad evidenza pubblica, interessate da condotte di turbativa e aggiudicate a partire dal 2016. Il valore complessivo, come detto, è di circa 600 milioni di euro per: la gestione e la manutenzione di apparecchiature elettromedicali (bandita dall’Asp 6 per un valore di circa 17 milioni); i servizi di manutenzione con gara bandita dalla Centrale unica di committente (valore di circa 200 milioni); la fornitura di vettori energetici, conduzione e manutenzione di impianti tecnologici bandita dall’Asp 6 (valore di 126 milioni); servizi di pulizia per gli enti del servizio sanitario regionale, bandita dalla Cuc (valore di circa 227 milioni di euro), La Guardia di finanza parla di “spregiudicate condotte illecite”, che garantivano “l’arricchimento personale dei pubblici ufficiali infedeli e dei loro intermediari”, applicando un tariffario che era intorno al 5% del valore della commessa.

Con queste condotte, secondo quanto emerso dall’inchiesta, veniva garantito un arricchimento personale dei pubblici ufficiali e dei loro intermediari, con “l’applicazione di un tariffario che si aggirava intorno al 5% del valore della commessa aggiudicata”. Gli inquirenti spiegano: “Gli operatori economici vincitori delle gare, importanti società di livello nazionale, erano consapevoli e partecipi delle dinamiche criminali, dalle quali traevano un vantaggio che avrebbe remunerato nel tempo il pagamento delle tangenti. Lo schema illecito, ricostruito dagli specialisti anticorruzione del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria, appariva consolidato. L'imprenditore interessato all'appalto avvicina il faccendiere, noto interfaccia del pubblico ufficiale corrotto. Il faccendiere, d'intesa con il pubblico ufficiale, concorda con l'impresa corruttrice le strategie criminali per favorire l'aggiudicazione della gara; la società, ricevute notizie dettagliate e riservate, presenta la propria ‘’offerta guidata’’, che sarà poi adeguatamente seguita fino all'ottenimento del risultato illecito ricercato”.

Le operazioni consistevano poi nell’attribuzione di punteggi discrezionali, senza una valutazione del merito del progetto, nella sostituzione delle buste contenenti le offerte economiche, nel pagamento dei lavori anche in assenza della documentazione giustificativa necessaria e nella diffusione di informazioni riservate e coperte da segreto d’ufficio. I pagamenti delle tangenti avvenivano con la consegna di denaro in contanti, ma spesso anche mimetizzandoli con operazioni contabili molto complesse, coinvolgendo anche altre imprese intestate a prestanomi, ma riconducibili ai faccendieri.

Chi è Antonino Candela, ex paladino della legalità

Candela era stato nominato il 12 marzo coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Coronavirus dal presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci. Candela aveva il compito di fare da tramite tra l’assessore alla Salute Ruggero Razza e le strutture pubbliche. Nel 2016 aveva ricevuto la medaglia d’argento al merito della sanità pubblica per premiare l’impegno sia per il funzionamento della sanità che per la legalità e l’azione anti-corruzione. In una conversazione intercettata Candela diceva: “Ricordati che la sanità è un condominio e io sempre capo condominio rimango”. Secondo quanto sottolinea il gip, Candela si “atteggiava a strenuo paladino della legalità”, ma gli inquirenti ritengono che sia a capo di uno dei centri di influenza emersi da questa inchiesta.

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