Si uccise in diretta su TikTok, il papà vuole riaprire il profilo: “Sui social impunità garantita”

Matteo Plicchi, padre del tiktoker bolognese Vincent Plicchi, noto in rete come Inquisitor Ghost: “La cosa che fa più rabbia è che su certi social network l’impunità è garantita, andrò avanti finché ne avrò forza”.
A cura di Beppe Facchini
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Vincent Plicchi e suo padre
Vincent Plicchi e suo padre

“Cosa significherebbe per me avere giustizia? Non lo so, forse che venisse scritta una “legge Vincent Plicchi” contro il cyberbullismo. Ma pesante, che sia davvero da deterrente. Ecco, questo potrebbe essere per me avere giustizia, che il suo non sia stato un sacrificio inutile”. Sono passati quasi cinque mesi da quando il 23enne tiktoker bolognese Vincent Plicchi, noto in rete come Inquisitor Ghost, si è tolto la vita durante una diretta, schiacciato da accuse infamanti messe in giro da altri utenti del famoso social network Made in China, troppo grandi per un giovane dal cuore d'oro come lui.

A Fanpage.it è suo padre Matteo a ricordare così un ragazzo finito nel tritacarne degli haters di una piattaforma sulla quale Vincent, col suo personaggio ispirato al videogioco Call of Duty, si stava facendo apprezzare da tanti. Tantissimi, forse troppi per qualcun altro.

“Mi aveva parlato dei suoi video su TikTok, ma mai mi ero accorto dell'altra faccia della medaglia -dice Matteo-. Veramente, mai avrei immaginato che dietro ci potesse essere tanto odio e tanta cattiveria. Ma anche tanti interessi economici. Vincent aveva avuto un'ascesa pazzesca, vista l'originalità del suo personaggio, e quindi aveva creato scompiglio nella sua community, togliendo centinaia di migliaia di followers a chi fino a quel momento l'aveva gestita serenamente. Il movente di questa azione di sabotatori -prosegue- non è quindi solo il narcisismo di chi non era più proprietario del palco, diciamo così, ma lui aveva tolto visibilità ad altri e quindi anche soldi. E di questo aspetto se ne parla poco”.

Secondo quanto emerso, anche per testimonianza e ammissione in diretta streaming di altre persone coinvolte nella campagna d'odio lanciata contro Vincent, tutto sarebbe partito da utenti che hanno cominciato ad accusare il ragazzo di aver molestato una 17enne.

Su TikTok la voce è girata a ritmo vertiginoso, con offese e persino minacce di morte nei suoi confronti. “Non ne aveva parlato con nessuno, ma negli ultimi quindici giorni aveva cambiato umore -spiega ancora il padre-. E poi mi accorsi che aveva chiuso anche il profilo da tatuatore, il suo lavoro. Questa cosa mi destò dei sospetti”. Ma Vincent, che il papà ricorda come un ragazzo bravissimo, di gran cuore, sensibile, generoso e sempre pronto ad aiutare chi era in difficoltà (“La sua pagina era piena di commenti di gente che lo ringraziava per i sorrisi che sapeva regalare”), era anche una persona che “teneva alla sua privacy, bisognava prenderlo con le pinze".

Così, alle domande del padre se tutto andasse come al solito, lui in quel periodo ha risposto minimizzando, parlando solo di “stalker stranieri che disturbano un po' tutta la community”.

La realtà era però diversa, ma un passo importante per accertarla una volta per tutte potrebbe essere quella di riaprire il suo profilo ormai chiuso su TikTok. Tramite il proprie legale, Matteo Plicchi arriverà davanti ai giudici del Tribunale di Bologna il 29 febbraio, in sede civile, per ottenere tale risultato.

“Devo dire che abbiamo ricevuto la massima disponibilità da parte dei loro legali, hanno detto che non si opporranno alla richiesta” assicura il padre di Vincent, il quale, però, un'idea di cosa si potrebbe riuscire a trovare riaprendo il profilo social del figlio ce l'ha già. Dal suo telefonino, inizialmente preso dai carabinieri per i primi rilievi (insieme ad altri dispositivi elettronici del giovane), poi riconsegnato al genitore e infine affidato ad una società di investigazioni private, specializzata in ambito informatico, “delle cose le abbiamo già trovate, l'ultimo messaggio, ricevuto quella sera lì, è pesantissimo”. Minacce di morte, provenienti anche dall'Italia: Matteo Plicchi vuole arrivarci fino in fondo.

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La procura, certo, avrebbe potuto fare di più, sottolinea ancora l'uomo, soprattutto alla luce delle confessioni online in rete già dal giorno stesso del suicidio, anche da parte di chi "aveva ordite una trama contro Vincent". In questi casi, ammette, si fa però “veramente fatica a portare sul banco degli imputati chi commette dei reati chiari a tutti, ma non come nella definizione della legge”. In altre parole, istigazione al suicidio, stalking o diffamazione, ponderabili in questo caso, non sarebbero così facili da accertare. Aggiungere ulteriori elementi per pensare a qualcosa di più concreto da avere fra le mani per andare davanti ai giudici, utilizzando le informazioni finora inedite sul telefonino di Vincent, potrebbero servire proprio a questo. “Stiamo valutando come proseguire” spiega quindi il padre del 23enne.

Su TikTok ci sono delle campagne d'odio pazzesche e non vengono mai bloccate. Tutti dopo le confessioni si aspettavano delle conseguenze, invece anche nello stesso mondo online c'è gente sbigottita -continua-. La cosa che fa più rabbia è che su certi social network l'impunità è garantita, qualunque persona si iscrive dicendo qualsiasi cosa, mettendo una foto fittizia e così si può vomitare odio su chiunque, in maniera indisturbata. Puoi dire quello che vuoi e nessuno ti dice niente. Nessuno ne paga le conseguenze: è gravissimo. Noi però non molliamo, andremo avanti finché ne avrò forza” assicura Matteo, che da quando non c'è più Vincent ha comunque mantenuto sempre al proprio fianco gli amici e tutti quelli che volevano bene a suo figlio, in carne e ossa.

Con loro, ma anche con studenti e tanti altri giovani, sta cercando di portare avanti numerose iniziative contro il cyberbullismo, come due murales che saranno realizzati nei prossimi mesi a Bologna e Olbia, una “città alla quale siamo molto legati, lì ci darà una mano a fare da voce contro il bullismo anche Salmo, di cui Vincent era grande fan”.

A chi ha reso la vita impossibile al figlio, Matteo, infine, dice: “Semmai hanno un'anima, devono farci i conti e devono svegliarsi tutte le mattine con questo peso, forse non c'è condanna più grande”. Per quanti rischiano di finire nella ragnatela degli haters, invece, conclude: “Ragazzi, non vi isolate.. Non fatevi prendere il sopravvento, ma state coi piedi per terra, coi piedi nel mondo reale. Uscite fuori, prendete un bel respiro e parlatene: vedrete che sarà un problema gestibile. Tutto è gestibile”.

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