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Burioni fa bene a censurare i commenti sulla meningite: la scienza non è argomento da bar

Un’accesissima polemica si è scatenata sul Web a causa di un’innocente frase pubblicata dal professor Burioni su Fb: “La scienza non è democratica”, ha scritto in risposta a uno dei tanti commentatori che insisteva nel sostenere alcune tesi prive di fondamento. Apriti cielo, Burioni è stato attaccato e tacciato di essere arrogante e superbo. Ma non ha detto nulla di male, ha ragione lui: la scienza non è affatto democratica e dovrebbe parlarne solo chi ha cognizione di causa.
A cura di Charlotte Matteini
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burioni

Mi duole iniziare questo articolo autocitandomi come una Scanzi qualsiasi, ma io l'avevo già detto mesi e mesi fa in un articolo sempre dedicato al dottor Burioni in occasione di un'altra accesissima polemica che lo coinvolse, quando durante una puntata di Virus su Rai2 Burioni si ritrovò a discutere di scienza e vaccini con l'esperto di gomblotti youtubbeschi Red Ronnie: quando si parla di scienza, siamo spiacenti, non c'è libertà di parola che tenga. "La scienza non è democratica, non ammette opinioni che non siano corroborate da precisi dati a sostegno. Non ammette l'esistenza del ‘ma io la penso così' o del ‘secondo me'. Le teorie nel tempo cambiano ed evolvono, ma evolvono grazie allo studio e alla ricerca scientifica, non di certo grazie a qualche personaggio laureato in youtubologia".

E precisamente è proprio questo il punto e non comprendo per quale motivo la frase scritta su Facebook dal professor Roberto Burioni abbia provocato tanto scalpore e portato all'accendersi di un infinita polemica dove al centro del fuoco di fila non sono finite le ingiurie, gli insulti e le cretinerie anti-scientifiche che molti utenti hanno pubblicato sotto al suo lungo post dedicato alla meningite e al debunking della bufala che sosteneva una presunta diffusione del ceppo C a causa dei migranti provenienti dall'Africa Subsahariana, ma una sua innocente frase, probabilmente scaturita dalla perdita di pazienza che ogni essere umano avrebbe perso dopo essersi visto subissare il profilo da commenti beceri per ore e giorni: "La scienza non è democratica". Apriti cielo, decine e decine di intellettuali pronti a prendere le difese dei poveri commentatori, tacciando Burioni di presunzione, immodestia, superbia, arroganza e saccenteria.

Praticamente ormai chiunque si metta a disposizione per chiarire, spiegare concetti e diffondere un minimo di informazione corretta e verificata si trova a combattere non solo contro un'orda di paranoici che pensa di poter contestare dei dati inoppugnabili basando il proprio sapere su una manciata di video visti su Youtube, ma pure contro un nutrito gruppo di personaggi che difende il presunto sacrosanto diritto di permettere al primo complottaro che passa e che sostiene che l'aglio nell'orecchio abbia potere curativo di controbattere a una persona con 35 anni di studi alle spalle.

Chiariamo ulteriormente il punto: il diritto al contraddittorio non esiste, non è affatto un diritto. Una delle frasi che più apprezzo della filosofa libertaria Ayn Rand descrive in maniera egregia questo assunto: "Il diritto alla libertà di parola significa che un uomo ha il diritto a esprimere le proprie idee senza temere il pericolo della soppressione, dell'interferenza o di azioni punitive da parte dello Stato, ma non significa che altri debbano fornirgli una sala per conferenze, una stazione radiofonica o una tipografia per esprimere tali idee". Lapalissiano.

Burioni non ha detto nulla di saccente o arrogante, ma ha soltanto espresso la nuda e cruda verità: la scienza non è affatto democratica e presuppone che la confutazione di una teoria si faccia attenendosi al metodo scientifico, e non scrivendo commenti campati per aria sui social network. Porre allo stesso livello le competenze di uno studioso serio con quelle del primo laureato all'università della vita che passa e che sostiene che la terra sia piatta o che 2+2 faccia 6 non è democrazia, è permissivismo deleterio. Sottolineare che le due competenze non possono affatto essere messe a paragone non è antidemocratico, è semplicemente una banale constatazione inconfutabile.

Ripulire il profilo da panzane e complottisti non è antidemocratico, ma anzi è rispettoso nei confronti di quelle persone che sulla pagina di un medico, uno scienziato, un giornalista o un debunker ci vanno perché cercano informazioni serie e verificate ed è soprattutto una forma di rispetto nei confronti di quei lettori più deboli che per qualsiasi motivo, invece, potrebbero essere facilmente plagiabili da queste astruse teorie.

Rispondere per le rime al primo pisquano che atterra su un profilo social a caso e si mette a insultare il titolare dello spazio perché pensa di aver scoperto uno dei tanti gomblottoni mondiali non è presunzione, è autodifesa. Tollerare gli insulti contro Burioni, non prenderne le difese, per poi trovarsi dall'altra parte della barricata a proteggere e preservare l'illimitato diritto di parola e di opinione di chi non ha alcuna competenza per discutere di scienza alla pari del professore, è invece ipocrisia della peggior risma e non aiuta di certo la causa della divulgazione scientifica, ma anzi contribuisce a scalfire e sfiancare la pazienza di quei pochi medici e scienziati altruisti che utilizzano il proprio tempo libero per spiegare concetti e diffondere sapere a chi esperto di tal materia non è. Ma, come si suol dire, "perle ai porci".

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