Vincenzo era Vincenzo. Marina non era la lesbica e Vittoria non era il trans.
Io sono Saverio. Non sono l'eterosessuale, il moro, l'alto. E se mi uccidessero, continuate a chiamarmi con il mio nome, vi prego.
Io non sono quello che si eccita con il sexting, gli piacciono il vino bianco e il mare. Non sono "il ragioniere", "il giornalista", "il non laureato"; non sono neanche il mio tentativo di pugno a
un insegnante; non sono quello che ha rubato le gomme da masticare o "quello che gli immigrati andrebbero accolti tutti".
Io sono Saverio. E se mi uccidessero sempre quello sarei.
Caro giornalista che ti sei trovato a scrivere che Vincenzo Ruggiero era "il delitto gay", io in fondo ti capisco. Davvero, piccolo giornalista, io ti comprendo, perché connotare è facile. Etichettare è semplice e indolore (per te).
Ci fai il titolo in un secondo scrivendo "il gay morto", e che non ti capisco? E poi il morto è morto e cosa vuoi che gli freghi di mezzo sfregio in più. Vero? Tu devi vendere, ed essere rintracciato nei motori di ricerca. E' il mondo che va così e tu ti adegui, non fai niente di male. Tu segui la mandria.
"Il torbido ambiente". "Lo stupro perché aveva la minigonna". "Uccisa per amore". Oppure, oggi, "il delitto gay". Come se gli altri, invece, fossero "i delitti eterosessuali". Però "delitto gay" è così chiaro, vero giornalista? Se lei mette il rossetto rosso la prima sera è una bocchinara, se ha una maglietta scollata è una puttana, se te la dà subito non può essere la madre dei tuoi figli, se non te la dà la terza sera "sarà frigida" oppure "pensa di avercela solo lei".
Tutto collegato, come quella maestra che in classe sente la parola "lesbica" e dice: "non voglio più sentire queste parole in classe". Come se lesbica fosse un'offesa, o come se gay potesse già far capire il tipo di delitto. Una roba anni '50, che però faceva già schifo anche negli anni '50.
"Omicidio a sfondo omosessuale" perché rimanderebbe ad orge, depravazioni e omicidi a colpi di falli di gomma sul capo. Un televisore in bianco e nero. E ti fa sentire tranquillo, piccolo scribacchino, perché tu le orge non le fai – perché non ti invitano! – e puoi continuare a stare con il dito puntato, pensando che a te non capiterà mai, perché tu non frequenti "quel mondo lì". Quale mondo, piccolo pennaiolo? Guarda che è lo stesso mondo tuo, quello con una violenza di sottofondo che tu, con le tue due parole "delitto gay", continui a nutrire.
Lo stesso mondo che ammazza le donne, e ammazza gli uomini, senza differenza per il loro orientamento sessuale. Ammazza, questo mondo, e basta.
Io capisco che la strada più facile si travesta come la migliore; che la strada in discesa sia meno faticosa, però alla fine le strade in discesa terminano sempre in un fosso. Ricordatelo. E quando non ragioni vince il pregiudizio, che è così facile, semplice, a portata di mano come un pasticcino su un vassoio. Ma il pasticcino è avvelenato. E se siamo Uomini – prima ancora che giornalisti, gay, ragionieri – abbiamo tanti compiti, ma uno in particolare: chiamare le persone con il loro nome.
Ciao Vincenzo Ruggiero. Proveremo a continuare le battaglie che erano anche le tue. Promesso.