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Emergenza lavoro

“Sfruttamento e mobbing: lavoro dall’età di 15 anni, ora ne ho 23 e vi racconto perché sono già esausta”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una 23enne che racconta “la carriera lavorativa di una giovane adulta”. Del perché ha iniziato a lavorare a 15 anni nella sua Puglia e della decisione di trasferirsi al Nord con la speranza di un futuro migliore: “Ma se questo mi deve causare depressione, gastriti, ulcere e burnout vuol dire che sono una schiava, non una lavoratrice”.
A cura di Redazione
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Quella che segue è la storia di una giovane donna nata in Puglia, che per contribuire alle spese della sua famiglia ha iniziato a cercare lavoro quando era ancora minorenne. Ci parla delle tante esperienze lavorative che ha avuto, del fatto che a un certo punto della sua vita ha accettato anche di lasciare la sua città per cercare nuove opportunità al Nord, ma al tempo stesso delle tante, troppe, delusioni accumulate in questi anni. "È difficile per tutte le persone come me oggi, ambiziose, trovare uno spiraglio di luce in questo mondo di sotterfugi", scrive.

La lettera a Fanpage.it

Sono Alessia, ho 23 anni, e sono già esausta. Vengo da una medio-piccola realtà pugliese, vi sto per parlare della carriera lavorativa di una giovane adulta.

Ho iniziato a lavorare nel 2014 quando avevo appena compiuto 15 anni, era un lavoretto a nero, come cameriera in un bar, mi serviva per riuscire a pagare i miei sfizi e mettere dei soldi da parte, per un futuro.

Ma quel lavoro non è durato molto poiché ho chiesto un aumento avendo percepito 50 euro settimanali per 7 ore lavorative al giorno dal lunedì alla domenica, senza giorni liberi. La richiesta d’aumento non venne accolta molto bene e mi licenziarono.

Da lì inizia il calvario chiamato Lavoro nella mia vita.

Voi vi chiederete perché una ragazzina di 15 anni decide di andare a lavorare. Beh, io ero molto brava a scuola, mi piace ancora oggi imparare cose nuove, scrivere e parlare lingue diverse, ma la mia famiglia non era abbastanza benestante per farmi continuare gli studi e permettermi un paio di scarpe nuove, perciò presi la decisione di diventare indipendente per non dover disturbare i miei con richieste “futili”, quando c’era già il pane a tavola che mancava.

Da quel famoso giugno 2014 io non mi sono mai fermata.

Lavoravo per più ristoranti in settimana sul porto turistico del mio paese e il fine settimana al ristorante del padre del mio ex. Sono diventata responsabile american bar, maitre e ho partecipato ai catering.

La retribuzione non era un granché ma pensavo che per l’età che avevo e per la “gavetta” andasse bene.

Nel 2019 ero in preda alla confusione, i miei compagni di classe si erano diplomati e iscritti all’università, sapevano già cosa fare. Io invece mi sentivo persa, avevo scelto la ristorazione perché era la cosa più semplice a cui ambire ma avevo capito che restando qui al Sud non avrei potuto fare progetti a lungo termine. Avevo solo avuto contratti a chiamata, nulla in regola e uno stipendio ancora da gavetta nonostante 5 anni di esperienza nel settore.

Decido di andare a Milano nell’agosto 2019. Inizio a lavorare in un hotel a 5 stelle, colleghi cortesi, orari ammissibili e una paga degna del lavoro svolto, però io volevo finalmente avere un contratto che mi permettesse di fare passi in avanti. Cerco altro, trovo altro.

Trovo un American Bar, a gestirlo c’erano 2 soci, uno di questo era del Sud. Pugliese. Si prospettano 7 € all’ora, periodo di prova di 5 giorni (non retribuito) e un contratto a tempo determinato. Io il contratto non l’ho mai visto, neanche quello a chiamata. Cerco altro, trovo altro.

Trovo un pub, 1300 € al mese, contratto in regola. Ma subisco mobbing, non mi accettavano, ero “l’ignorante del Sud” secondo il titolare. Ci mettevo un’ora per arrivare, mi facevo ogni giorno dalle 16.00 a chiusura che voleva dire 01.00/02.00/3.00. La notte per tornare a casa ci mettevo 2 ore con le sostitutive e ho rischiato abusi e subito una volta molestie. Perché oltre ad essere lavoratrice sono una donna. Cerco altro, trovo altro.

Gennaio 2020. Decido di prendermi un periodo di pausa, ho un po’ di soldi da parte, mi prendo una settimana per fare un bel curriculum e ambire ad un’altra posizione lavorativa. Faccio un curriculum degno di essere guardato e inizio a mandarlo a qualsiasi azienda. Qualsiasi.

Mi contatta un’azienda, si occupava di gestire operatori telefonici, finanziamenti e inserimento contratti. Ottengo un colloquio, non avevo esperienza nel settore, lo comunico apertamente ma dimostro di avere tanta voglia di ambire al meglio. Assunta.

Febbraio 2020 lockdown, smartworking. Lavoro 10 ore al giorno, i miei colleghi mi stimano, i miei team leader sono fieri della mia produzione, sembrava un sogno che si stava avverando mentre il mondo intorno a me stava vivendo una pandemia.

Lavoro per loro fino a gennaio 2022, in 2 anni il mio contratto è stato rinnovato svariate volte perché era un contratto di collaborazione continuativa, a gennaio 2022 l’azienda dimezza il personale, e io facevo parte di quel personale dimezzato. Quel tipo di contratto non mi dava nessuna sicurezza.

Non perdo le speranze, torno al Sud, torno a casa, dopo 2 anni di pandemia, 2 anni di distanza dalla Puglia, dalla mia famiglia, mi farà un po’ bene no? No. Quel lavoro per quei 2 anni, anche se avevo un co.co.co mi aveva rasserenata, mi aveva fatto guadagnare bene, mi aveva dato speranza per il futuro.

Qui inizio a mandare i curriculum e le proposte sono indecenti: 300 € al mese per 6 ore al giorno. Dal lunedì al sabato.

Trovo un’altra azienda, una start-up. 800 € mese per 6 ore al giorno, penso abbordabile dai, però con un co.co.co, "speriamo non sia una fregatura" pensai. Inizialmente era tutto rose e fiori, finché l’azienda non fallisce e non vedo lo stipendio per svariati mesi nonostante continuassi a lavorare per loro. Ritorna la ricerca della felicità. Cerco altro, trovo altro.

Dovrei fare la team leader, gestire delle operatrici telefoniche. Mi parlano inizialmente di 800 € per 6 ore al giorno con un co.co.co che sarebbe potuto diventare a tempo determinato, non male pensai. Peccato che gli 800 € sono lordi, quindi io avrei una marea di responsabilità, avrei le chiavi dell’ufficio, dovrei fare straordinari non pagati, mandare avanti da sola un’azienda per avere 600 € netti e un contratto che non diventerà a tempo determinato perché l’azienda al momento non può.

Rimango, non c’erano altre aspettative. Ricevo elogi dal personale dell’azienda, fino a che ad oggi ottobre 2023 la situazione cambia. È rientrata la team leader che era in maternità e casualmente il mio lavoro non è più corretto, ricevo critiche ogni giorno, mi dicono di aver fatto cose in maniera errata e addirittura calunnie. Che la produzione dell’azienda è andata a rotoli a causa mia e fino a poco prima era “menomale che ci sei” . Se prima mi elogi e da un momento all’altro mi calunni, io capisco solo che vuoi farmi andare via.

Dal mio racconto si può capire che sono una che non si arrende, ma ahimè lo sto per fare, è difficile per tutte le persone come me oggi, ambiziose, trovare uno spiraglio di luce in questo mondo di sotterfugi.

Sono una lavoratrice, mi piace essere utile e sentirmi parte della società, ma se questo mi deve causare depressione, gastriti, ulcere e burnout vuol dire che sono una schiava, non una lavoratrice. E smettetela di dire che i giovani non vogliono lavorare .

Io voglio lavorare, voglio lavorare per il mio futuro, non per quello degli altri. Vi prego. Fatemi e fateci lavorare in santa pace.

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