Seviziato, ucciso e dato alle fiamme, 11 anni dopo riaperto il caso dell’omicidio di Marco Chisari
All'epoca dei fatti, era il 2012, gli inquirenti non sono riusciti a trovare una pista concreta che potesse portarli sulle tracce dell'assassino o degli assassini di Giovanni Marco Chisari. Ora a distanza di 11 anni quel cold case rimasto irrisolto è stato riaperto, grazie a una lettera anonima, e due persone sono state iscritte nel registro degli indagati. Si tratta di Ivan Marcello Meloni accusato di omicidio premeditato e il fratello Alessandro che lo avrebbe aiutato a distruggere il cadavere.
La storia di Marco Chisari inizia il 12 marzo 2012 quando il suo cadavere viene trovato nelle campagne di Villaretto di Borgaro. Il 38enne, disoccupato e con alle spalle qualche piccolo precedente per droga, non è stato solo ucciso, ma anche seviziato e poi dato alle fiamme. I suoi aguzzini gli hanno conficcato un chiodo in fronte, usando probabilmente un asse in legno, lo hanno infilato, ancora vivo, in un sacco di nylon legandogli le mani con un fil di ferro e poi gli hanno dato fuoco, gettando il sacco in un fossato in via Santa Cristina, davanti a una cascina.
Una morte che somiglia più a una esecuzione, un regolamento di conti. I suoi problemi di tossicodipendenza sono piuttosto noti nel piccolo comune della provincia di Torino dove viveva, ma oltre a qualche furto non ci sono trascorsi violenti nel passato di Marco. Le indagini finiscono in un vicolo cieco, e il caso si chiude con un omicidio, un corpo e nessun assassino. Almeno fino a quando il pm Dionigi Tibone riapre il caso. Il motivo è una lettera anonima arrivata sulla sua scrivania.
All'interno vi sono riferimenti chiari su come l’omicidio Chisari sia connesso a un furto commesso, a inizio marzo 2012, in via Sansovino. Le indagini ripartono e si arriva a due nomi, quelli dei fratelli Ivan Marcello e Alessandro Meloni. Il primo è il genero di "uno con diversi guai con la giustizia", si legge nella lettera. Ed è proprio nella villa di quest'ultimo che Marco avrebbe messo a segno un furto, diventando così il bersaglio della vendetta della famiglia legata alla criminalità organizzata.
Chi ha inviato la lettera però, sostiene anche che Chisari fosse stato contattato dai veri autori del furto e pagato per accollarsi la colpa. E che quindi sia stato in realtà incastrato da qualcuno che aveva capito di aver rubato nella casa sbagliata. Elementi che dovranno essere verificati attraverso le nuove indagini affidate ai carabinieri del comando provinciale.
“Marco Chisari? Lo incrociavo qualche volta in zona, nulla di più”, avrebbe detto durante l'interrogatorio di ieri, Ivan Marcello Meloni che, accompagnato dal suo difensore, l’avvocato Antonio Mencobello, ha risposto alle domande del magistrato per un’ora e mezza. La sorella, Cassandra, dopo il ritrovamento del cadavere, si era sfogata su Facebook, maledicendo gli assassini: “Non eri un santo ma non ti meritavi questo. Adesso non posso più toccarti, abbracciarti sentire la tua voce, non ti vedo più. Mamma mia eri il mio unico pensiero te eri il mio sangue e ora mi hai lasciato sola!!! Chi ti ha fatto questo deve pagare ma non con la morte: devono soffrire”.