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Serve la Terra dei Fuochi per dire che Gigi D’Alessio non ci piaccia?

Ha senso il fact checking sulle improbabili affermazioni di D’Alessio dal palco del concerto di Capodanno? Alcuni motivi per cui sbugiardare una recente affermazione non aggiunga e non tolga nulla alla vicenda grave e reale della Terra dei Fuochi.
A cura di Andrea Parrella
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Credo non esista italiano che non si sia avvalso della legittima facoltà di ridere di Gigi D'Alessio. A cercare un'iperbole, un'esagerazione, un'immagine profilo imbarazzante per trollare qualcuno che avesse lasciato il profilo Facebook aperto, in Gigi D'Alessio si trovava un porto sicuro. Non ci si poteva sbagliare. Tutto questo fino a due giorni fa, prima del suffragio popolare definitivo col concerto di Capodanno, il "concerto" con le istituzioni.

Da allora, siccome fa comodo conservarsi una battuta dal facile consenso ed è oggettivamente irrinunciabile affermare sempre e comunque quanto Gigi D'Alessio non piaccia, abbiamo cominciato a costruirci un'alternativa argomentativa di assoluto livello, che indubbiamente alza l'asticella dello scontro. Lo sfottò di stampo musicale non ha più appeal, è universalmente riconosciuto che i neomelodici piacciano più di quanto non piacciono e allora si vira sull'impegno civile che D'Alessio di recente palesa in modo più vigoroso. Inutile stare a chiedersi se questo impegno sia reale o solo presunto, non sarebbe giusto nei suoi confronti: l'importante resta quel che la gente crede. Adesso il suo peccato originale non è più aver cominciato a cantare, ma aver minimizzato pubblicamente l'entità del fenomeno della Terra dei Fuochi, pronunciando da un palco la men che meno che credibile tesi del solo 1% dei territori contaminati. Il Berlucchi lo bevono tutti e fa a tutti lo stesso effetto.

Però non so, a mio parere cominciare a parlare dell'esistenza di un asse politico-mediatico tramite il quale si voglia utilizzare la figura di un cantante per alleviare l'impatto di una vicenda reale (reale!), che ci ha fatti vergognare per l'ennesima volta di noi stessi, ebbene mi sembra un po' eccessivo. Non perché non sia vero quanto afferma Antonio Musella, beninteso, essendo chiaro che l'interesse politico, in qualunque caso, non potrebbe che essere indirizzato a sgonfiare un pallone di questo tipo, sia che si stia realmente lavorando per risolvere la situazione, sia che non si stia facendo nulla per debellarla. Mi sembra sbagliato puntare su questa linea perché lo trovo svilente nei confronti del problema stesso.

Forse è per un eccesso di realismo che affermo come una percentuale cospicua di persone presenti al concerto di Capodanno in piazza del Plebiscito (di quelli che l'hanno visto da casa e di quelli che non l'hanno visto, me compreso) non si sia interessata e non sarà interessata al tema della Terra dei Fuochi più di quanto si sia fatta coinvolgere da quello della mononucleosi solo quando gli è capitato di esserne affetto. In molti siamo venuti a conoscenza dell'argomento dopo una serie di servizi televisivi e, dal giorno dopo, assaliti dallo schifo più che dalla vergogna, abbiamo cominciato a pensare che per evitare il problema, o addirittura per risolverlo, bastasse assicurarsi che la verdura e la frutta acquistati non provenissero da "una certa area".

Il lavoro approfondito e apprezzabile di molti giornalisti che si fanno il mazzo ci ha sfiorati. Questo perché, citando un film noto, siamo sporchi per costituzione. E allora, come dire, mettersi a fare del fact checking con le frasi che Gigi D'Alessio legge da un gobbo non fa che dare gratuito rilievo a frasi che, dopo un paio di bicchieri, tutti avrebbero tranquillamente dimenticato. Soprattutto, la domanda da farsi è: aggiunge qualcosa alla questione? Accusarlo, questo spero risulti evidente a tutti, non darà maggiore rilievo alla vicenda. Se non altro per una semplice ragione: comunicare che D'Alessio abbia detto una presunta stupidaggine sulla Terra dei Fuochi interesserà solo chi già sapeva si trattasse di una stupidaggine. Chi non fosse in possesso degli strumenti per sbugiardarlo, avrà per forza di cose abboccato. Perché lo sappiamo, di un fatto del genere fa molto più comodo non sentirne parlare. E soprattutto, diciamocela tutta, l'idea di cominciare a parlare seriamente di D'Alessio per temi che sconfinino quello dell'immeritato ottavo posto al suo primo Festival di Sanremo, è cosa difficilmente digeribile.

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