“Senza acqua e strade impraticabili”: l’allarme degli abitanti di Purocielo, isolata da oltre un mese
“A un mese dall’alluvione dell'Emilia Romagna si parla soprattutto della ripresa: è evidente il miglioramento nelle città e nelle aree di pianura, senza comunque scordare il permanere di zone allagate e la conta dei danni che aumenta di giorno in giorno. Non si parla invece mai delle condizioni in collina: ebbene, dopo 35 giorni la situazione qua non è affatto migliorata”.
A parlare a Fanpage.it è Flavio Babini: 70 anni e residente a Faenza, ha una seconda casa a Purocielo, frazione del comune di Brisighella (provincia di Ravenna), alle pendici dell’Appennino tosco-romagnolo.
È da oltre un mese che Flavio fa su e giù quasi tutti i giorni. Ha ben presente la situazione di disagio causata dall’alluvione nelle aree interne dell'Emilia Romagna come questa: quei circa 10 chilometri che separano Purocielo da Brisighella, che normalmente richiederebbero un quarto d’ora di macchina, attualmente non sono proprio percorribili.
“Da dieci anni ho la casa a Purocielo – spiega – non ho mai visto una cosa del genere, e nemmeno pensavo potesse capitare”.
Nei giorni scorsi era stato Paride Antolini, Presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia Romagna, a segnalare a Fanpage.it la criticità della situazione dell’Appennino: “La viabilità sulle strade provinciali e comunali è ancora estremamente problematica: la stima provvisoria dei danni sulla viabilità si aggira intorno ai 750 milioni di euro, ma finiranno per essere molti di più”.
Antolini aveva fatto riferimento proprio alla frazione di Purocielo segnalandone le condizioni disastrose e l'incessante lavoro di quattro famiglie, ancora isolate, che nelle scorse settimane avevano operato con i mezzi a disposizione per ripristinare i vecchi acquedotti e l'elettricità e per riaprire strade di collegamento vicinali.
L’impatto dell’alluvione è stato fatale: le strade sono infatti devastate da voragini e frane (solo nei dintorni, secondo quanto riferito da Antolini, ne sono state inventariate oltre 3.000) di dimensioni tali da rendere impossibile il passaggio.
“Da ben 35 giorni la frazione di Purocielo è isolata” – Flavio parla a nome degli abitanti del minuscolo paesino che sorge lungo l’omonima via – le quattro famiglie che vi risiedono sono state senza acqua ed elettricità, hanno dovuto lavorare dall’alba al tramonto per far fronte a tutte le difficoltà: dopo oltre un mese queste famiglie sono ancora isolate, servono interventi urgenti”.
L’impatto che l’alluvione ha avuto su quelle aree collinari poco distanti dall’Appennino è di certo profondo e si preannuncia duraturo: nei primi giorni, dopo le piogge torrenziali e le frane di metà maggio – in un territorio già fortemente provato dalla quantità d’acqua caduta agli inizi del mese – la valle era rimasta completamente tagliata fuori.
Senza acqua né elettricità, con le strade completamente inagibili. “Con i loro mezzi agricoli, in particolare i trattori cingolati, gli abitanti di Purocielo hanno aperto nuove strade, passando tra boschi e campi di grano, per portare le bobine e il materiale necessario in cima alla collina, permettendo così il ripristino della linea elettrica che era crollata in seguito a una frana”.
Per quanto riguarda l’acqua, invece, solo una delle quattro famiglie di residenti ha accesso all’acqua corrente: c’è un clima di solidarietà tra gli abitanti, uniti ancor di più dal fatto di dover affrontare temporaneamente da soli la situazione, che vanno a riempire bottiglie d’acqua nell’unica casa che ne dispone.
Ma sono ancora tante le carenze: viveri, beni di prima necessità, la benzina per le motoseghe per poter liberare, un metro alla volta, le strade da alberi e detriti. La via che collega Purocielo al centro abitato più vicino non è più percorribile a causa delle frane, da un lato, e delle enormi voragini che hanno aperto dei veri e propri crateri, dall’altro.
L’unico modo per sfuggire all’isolamento è raggiungere a piedi l’ultima di queste voragini, per poi farsi venire a prendere lungo la strada da amici e familiari: si tratta però di una camminata di un paio di chilometri, che attraversa anche campi e fitta vegetazione.
“Posso anche farlo d’estate – Flavio riferisce le parole di uno degli abitanti, che per recarsi a lavoro deve compiere ogni volta questo tragitto – ma come faccio con l’arrivo dell’inverno, delle piogge e della neve? Senza considerare che a seconda dei turni mi capita di dover fare questo cammino anche di notte, tra i campi, con il buio e gli animali intorno”.
“La priorità deve essere assolutamente il ripristino della viabilità”, torna a insistere Flavio, portavoce delle richieste collettive. “Approfittare dei mesi estivi per mettersi al lavoro il più velocemente possibile: dove le strade si possono riparare, farlo subito, mentre dove sono ormai troppo compromesse, serve cercare (e mettere in pratica) delle soluzioni alternative”.
A preoccupare è la minaccia dell’esodo di “massa” che pende sulle zone collinari dell’Appennino: già sempre meno abitati nel corso degli anni, giorno dopo giorno si fa sempre più concreto il rischio di un abbandono collettivo dei piccoli paesi, messi a dura prova dall’ultima alluvione.
Nonostante sembra che il tempo in collina dallo scorso maggio si sia fermato, le lancette continuano in realtà inesorabilmente a scorrere: più ci vorrà ad avviare una reale ricostruzione, maggiore sarà il pericolo dello spopolamento.