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Sentenza DIAZ: “Non c’è nulla da festeggiare” – Intervista a Daniele Vicari

“Siamo un paese che non ha ancora digerito la democrazia. Non la possiamo dare per scontata la democrazia in Italia”, con queste parole Daniele Vicari commenta la sentenza relativa ai fatti della DIAZ. Ecco l’intervista integrale e il punto di vista sulla sentenza.
A cura di Anna Coluccino
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Daniele Vicari Diaz Intervista

La sentenza definitiva sui fatti che – nel luglio del 2001 – animarono tragicamente la scuola Diaz in occasione del Genova Social Forum è arrivata. Una sentenza unica nel suo genere perché, per la prima volta, coinvolge e condanna i numeri due, tre e quattro delle forze di polizia dell'epoca: Giovanni Luperi (4 anni) Francesco Gratteri (4 anni), Vincenzo Canterini (5 anni). Ciononostante, nessuno di loro né alcuno dei poliziotti riconosciuti colpevoli delle torture farà un solo giorno di carcere. In Italia non esiste il reato di tortura, le lesioni gravi – seppur dolose e accertate – sono soggette a prescrizione, e l'unico reato ad essersi salvato dalla prescrizione è il falso aggravato contestato agli undici tra agenti e dirigenti per via dell'introduzione di prove false all'interno della scuola al fine di giustificare l'aggressione: le famose due bottiglie molotov. Il nostro è un paese in cui le lesioni gravi alle persona vanno in prescrizione, lesioni – come attestato nel corso del processo – in molti casi permanenti, inflitte con lucida, truce, spavalda consapevolezza. Il nostro è l'unico paese tra quelli dell’Unione europea a non essersi dotato di alcun meccanismo che fosse in linea con le risoluzioni Onu del 1993, del Consiglio d’Europa del 1997 e con i cosiddetti principi di Parigi. L'unica pena prevista per i poliziotti e i "colletti bianchi" riconosciuti colpevoli è l'interdizione dei pubblici uffici per cinque anni e la possibilità di venir radiati dalla Polizia. Dei grandi accusati, eccezion fatta per le responsabilità politiche, si salva solo Gianni De Gennaro – recentemente promosso a sottosegretario ai servizi segreti dal presidente del consiglio Mario Monti. Nonostante l'assoluzione formale, però, oggi in molti chiedono a gran voce che De Gennaro – l'ex numero uno della Polizia di Stato – presenti le sue dimissioni da qualsiasi pubblico ufficio. Le accuse di "responsabilità morale" che gravano sulla sua testa dopo che la Cassazione ha riconosciuto colpevoli i suoi sottoposti più prossimi sono piuttosto rilevanti, ma appare davvero difficile che questo implichi una qualunque ammissione di colpa.

La sentenza non lascia dubbi su quanto atroci e ingiustificate furono le violenze perpetrate alla Diaz e a Bolzaneto e  – per la prima volta – colpisce anche i dirigenti. Ciononostante, lascia l'amaro in bocca: pochissimi quelli che hanno pagato per le indicibili barbarie del luglio 2001, davvero lievi le condanne, ancora lontana la verità. Amnesty International, tra i più accesi promotori dell'introduzione del reato di tortura, ha così commentato: "Una sentenza importante ma incompleta" perché le pene confermate "non riflettono la gravità dei crimini accertati". Heidi Giuliani, la madre di Carlo, ucciso durante il G8, ha affermato che "le responsabilità sono più ampie e penso all'assoluzione dell'allora capo della polizia e al mancato processo per la morte di mio figlio". Il padre di Carlo Giuliani, invece, parla di "barlume di giustizia" e auspica di poter aprire – prima o poi – un processo che accerti la verità riguardo l'uccisione di suo figlio.

Al di là del gigantesco lavoro svolto in questi anni dal Comitato Verità e Giustizia, da Amnesty International e da tutti i soggetti che si sono battuti perché i fatti di Genova non fossero dimenticati e i responsabili pagassero è innegabile che parte dell'eco mediatica di cui – in questi ultimi mesi – ha goduto la tragedia della Diaz è dovuta anche al bel film di Daniele Vicari: DIAZ – "Don't clean up this blood". Per questa ragione abbiamo voluto intervistare Daniele nel merito della sentenza e rispetto al successo anche politico del film che – in ogni caso – ha avuto il merito di accendere un faro su alcune questioni cruciali: l'assenza del reato di tortura nell'ordinamento giuridico italiano, le violenze giuridicamente e storicamente accertate che, la notte del 21 luglio, sono andate in scena alla scuola Diaz e a Bolzaneto. Il sangue di quanti quella notte hanno subito violenza, alla fine, non è stato del tutto cancellato.

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