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Sei ergastoli nel processo per Lea Garofalo, la donna sciolta nell’acido

La sentenza della Corte d’Assise di Milano è arrivata ieri sera dopo una lunga camera di consiglio. Per i sei imputati, compreso Carlo Cosco, l’ex compagno della testimone di giustizia accusato di essere il mandante dell’omicidio, sarà carcere a vita.
A cura di Susanna Picone
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La sentenza della Corte d’Assise di Milano è arrivata ieri sera dopo una lunga camera di consiglio. Per i sei imputati, compreso Carlo Cosco, l’ex compagno della testimone di giustizia accusato di essere il mandante dell’omicidio, sarà carcere a vita.

Erano sei gli imputati nel processo per l’omicidio di Lea Garofalo, la testimone di giustizia che fu sequestrata, uccisa e sciolta nell’acido il 24 novembre del 2009 e sei sono state le condanne all’ergastolo decise dalla Corte d’Assise di Milano: tutti gli imputati, compreso l’ex compagno della donna, dovranno scontare la pena del carcere a vita per i reati commessi. I giudici di Milano si sono riuniti poco dopo le 16 di venerdì in camera di consiglio per emettere la sentenza per l’uccisione di Lea, ne sono usciti più di quattro ore dopo, accogliendo di fatto le richieste del pm Marcello Tatangelo. La Corte d’Assise, presieduta da Anna Introini, ha condannato all’ergastolo con l’isolamento diurno per due anni Carlo Cosco, ex compagno e padre di Denise, insieme al fratello Vito. Ergastolo e un anno di isolamento per Giuseppe Cosco, Rosario Curcio, Massimo Sabatino e Carmine Venturino. Per tutti loro l’accusa di sequestro di persona, omicidio e distruzione di cadavere.

Il coraggio della figlia Denise – A Denise, la figlia appena ventenne di Lea Garofalo e di Carlo Cosco, che si era costituita parte civile contro il padre, è stato disposto un risarcimento di 200000 euro. In Tribunale a Milano c’era anche don Luigi Ciotti, il presidente della associazione antimafia Libera, insieme a molti ragazzi dell’associazione. Don Luigi Ciotti e i legali di Denise hanno voluto sottolineare il coraggio della ragazza che ha saputo rompere la paura e l’omertà contribuendo alla scrittura di una nuova pagina di giustizia. “Dobbiamo inchinarci davanti a lei”, ha detto don Luigi Ciotti.

Le parole di Carlo Cosco, accusato di essere il mandante dell’omicidio – L’ex compagno di Lea Garofalo ha preso la parola prima che i giudici si riunissero con l’intenzione di replicare all’accusa del pm Tatangelo che aveva definito i sei imputati dei “vigliacchi” che insieme avevano ucciso una donna. Carlo Cosco ha risposto che anche lui avrebbe definito in questi termini degli uomini che uccidono una donna ma che questo reato non era stato da loro commesso: “Noi non siamo vigliacchi perché non l’abbiamo uccisa. Se avessi avuto la sciagurata idea di uccidere la mia ex compagna, non mi sarei servito di cinque persone”. Cosco, detto ciò, ha ringraziato i giudici augurando loro buona Pasqua.

L’accusa per i sei imputati – La morte di Lea Garofalo, secondo l’accusa, è avvenuta quando la donna, decisa a vivere insieme alla figlia Denise, rinunciò al programma di protezione testimoni e quando, per parlare proprio della ragazza, aveva deciso di incontrare il padre a Milano. In quell’occasione Cosco la fece rapire dai suoi complici che la portarono fuori città, a San Fruttuoso (Monza), la torturano per farle dire cosa avesse detto agli investigatori, la uccisero con un colpo di pistola e poi fecero sparire il suo corpo sciogliendolo in cinquanta litri d’acido.

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