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Sei ateo? E di quale tipo?

Il numero delle persone senza un’affiliazione religiosa aumenta, ma come ci si definisce? “Ateo” sembra essere un vestito troppo stretto.
A cura di Chiara Lalli
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Negli Stati Uniti le persone che non si definiscono religiose sono circa il 20% (“Nones” on the Rise. One-in-Five Adults Have No Religious Affiliation, “The Pew Forum”, 9 ottobre 2012). Ma che vuol dire non essere religiosi? E quelli che non sono religiosi credono o non credono in modo simile? In quanti modi differenti si può rispondere alla domanda “credi in Dio?”. Il primo livello è ovviamente “sì” oppure “no”, ma poi ci addentriamo in un terreno eterogeneo. Ci sono alcuni atei divenuti famosi – come Christopher Hitchens, Richard Dawkins o, per avvicinarci all’Italia, Margherita Hack – ma il mondo non religioso, privo di gerarchie e di autorità, non è rappresentato in modo esaustivo da casi del genere. Alcuni ricercatori della “University of Tennessee at Chattanooga” hanno fatto un sondaggio per scoprire che tipo di persona non crede o smette di essere religiosa e perché. La fotografia che ne viene fuori, basata su 59 interviste, ci racconta di almeno sei tipi diversi di non credenti: dall’attivista all’agnostico, dall’antiteista al non teista.

  1. La prima categoria è l’intellettuale ateo/agnostico: è quella più numerosa. Sono circa il 38% dei non credenti, convinti delle proprie idee pur non essendo attivisti litigiosi. In genere si muovono all’interno di gruppi interessati allo scetticismo, e per questo sono spesso considerati dogmatici. Ma in realtà il loro interesse alla discussione è più razionale che “politico”, non sono intenzionati a convertire i credenti o a mostrare loro l’irrazionalità delle fede ma a cercare la verità, a promuovere la discussione razionale e la libertà del pensiero dai dogmi.
  2. Gli attivisti: anche gli attivisti sono di frequente bollati come dogmatici, ma il loro primo interesse non è attaccare i credenti o capovolgere a loro vantaggio l’assertività religiosa. Sono motivati dai valori vicini all’umanesimo, dall’uguaglianza, dai diritti civili. A volte si limitano a essere attivisti con i propri amici e il proprio gruppo familiare, a volte promuovono iniziative pubbliche in nome della consapevolezza. Sono il secondo gruppo per numero, arrivando a circa il 23%.
  3. I cercatori/agnostici: sono meno dell’8% e la loro caratteristica principale è il non sapere, non poter avere la certezza di nulla, comprese le credenze religiose. Se non sappiamo nulla, non possiamo nemmeno sapere che Dio non esiste. Sono considerati dagli atei dei codardi, ma l’incertezza è per loro giustificata dalla difficoltà filosofica di affermare qualcosa in materia di credenze. È un dubbio metafisico, non una mancanza di coraggio.
  4. Gli antiteisti: sebbene siano spesso considerati dai credenti come “gli atei”, sono circa il 15% dei non credenti. Sono più aggressivi della prima categoria, e ci tengono a mostrare ai credenti l’inganno in cui rimangono intrappolati. L’idea di eliminare la religione dalla faccia della terra è per loro un obiettivo importante. Il livello di aggressività dipende da molti fattori, e i ricercatori sottolineano anche che a volte sono impetuosi per reazione alle credenze religiose abbandonate.
  5. I non teisti: non credono in alcun dio, e non si interessano nemmeno tanto delle credenze altrui. Spesso sono persone che vivono in contesti in cui la religione non è influente, e il loro modo di pensarla si potrebbe descrivere come un’alzata di spalle. A chi domanda loro cosa pensano delle credenze religiose rispondono, appunto, con un gesto di indifferenza. Sono poco più del 4%.
  6. Gli atei/agnostici rituali: rifiutano gli aspetti sovrannaturali, ma apprezzano alcuni aspetti sociali della religione. Riconoscono un’appartenenza di gruppo, una specie di identità etnica. Secondo alcuni credenti potrebbero essere più pericolosi degli atei belligeranti, perché potrebbero essere seduti accanto a voi durante la messa. Sono circa il 12%.
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