Seconda dose vaccino Covid AstraZeneca a chi ha meno di 60 anni: cosa si può fare secondo Rasi
Vaccino Covid AstraZeneca, seconda dose con un vaccino diverso dal primo, allungare i tempi del richiamo, vaccino Johnson & Johnson: sono diversi i temi affrontati con l’Agi da Guido Rasi, microbiologo presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata ed ex direttore esecutivo dell’Ema. Dopo la raccomandazione di somministrare il vaccino Vaxzevria di AstraZeneca alle persone con più di 60 anni, Rasi ha spiegato che i più giovani che finora hanno ricevuto la prima dose e sono in attesa della seconda possono percorrere due strade: "Il problema della seconda dose è in realtà più semplice da risolvere di quanto possa sembrare perché c’è una grande flessibilità nelle possibilità di scelta: l'importante è spiegarlo bene alle persone che devono vaccinarsi in modo da tranquillizzarle". La prima ipotesi, è usare lo stesso vaccino AstraZeneca per il richiamo: "Ci sono i primi 600.000 casi che dicono in effetti che chi non ha avuto problemi con la prima dose non li ha nemmeno con la seconda e questo sembra logico, perché se si ipotizza, e anche il nesso causale è ancora solo ipotetico, che ci sia una predisposizione, una qualche condizione sottostante, genetica o di altra natura, a rigor di logica chi ha tollerato la prima dose dovrebbe a maggior ragione tollerare la seconda". La seconda ipotesi è di utilizzare un vaccino diverso: "Anche questo a rigor di logica dovrebbe essere un fatto positivo – spiega Rasi -. Noi sappiamo che usare approcci diversi alla vaccinazione ha il potenziale di stimolare il sistema immunitario ancora di più. In effetti, sono due opzioni molto valide, nessuna delle due personalmente mi desterebbe preoccupazione”.
Una sola dose di vaccino AstraZeneca? "Prendere dei rischi è un peccato"
Rasi ha parlato anche della strada dell’unica dose di vaccino Covid Vaxzevria di AstraZeneca: "Un'unica dose di vaccino? È un'ipotesi percorribile ma suggerirei di fare dei test sierologici e vedere se la persona sia documentatamente immunizzata: prendere dei rischi è un peccato". "Adesso i vaccini ce li avremo, se la persona che ha fatto la prima dose non risulta completamente immunizzata è un rischio irragionevole – aggiunge il microbiologo -. Si è visto comunque che con la prima dose continua ad aumentare l'immunità nel tempo, perlomeno per i primi tre mesi: arrivare ad usare tutti i primi tre mesi prima di fare la seconda dose è più che ragionevole anzi direi consigliato. Ma prima di rinunciare alla seconda dose una verifica va fatta".
Ok a vaccino Covid Pfizer anche con richiamo a 42 giorni
Parlando del vaccino Covid Pfizer, e in particolare della possibilità di allungare fino a 42 giorni l’intervallo tra le due dosi, Rasi dice che è un'ipotesi basata su dati certi e che potrebbe avere un valore strategico importante. "La sperimentazione – spiega Rasi – è stata fatta su una popolazione che ha preso la seconda dose con un intervallo che va da 19 a 42 giorni, e questo vale sia per il vaccino Pfizer che per il vaccino Moderna: quindi, in effetti, in un momento in cui la strategia è quella di dare la massima protezione possibile al maggior numero di persone la possibilità di tardare fino a 42 giorni va presa in considerazione e sicuramente non cambia per niente l’efficacia”. Secondo Rasi si è visto che verso il 28esimo/30esimo giorno si arriva verso il massimo dell'immunità e un ritardo di 10-12 giorni sicuramente non compromette l'immunizzazione mentre potrebbe dare una spinta decisiva per popolazioni che sono in fase di completamento di immunizzazione”.
Vaccino Covid J&J, valutazione Ema dopo casi di trombosi
Infine sul vaccino anti-Covid Johnson & Johnson, le cui prime dosi arriveranno fra qualche giorno in Italia: "Speriamo di avere imparato a leggere i numeri, speriamo che i titoli siano un po' più sobri e che vada meglio…”, ha detto Rasi commentando l'avvio di una valutazione dell'Ema sul vaccino dopo la segnalazione di alcuni casi di trombosi. "Mi aspetto un profilo identico – spiega Rasi – sono vettori un po' diversi, proteine un po' diverse, potrebbe essere meglio, potrebbe essere peggio, solo la realtà ce lo dirà: in America l'hanno usato massivamente e sembra che le cose vadano molto bene. Se andiamo a vedere il numero delle trombosi totali, anche i vaccini a Rna hanno un profilo praticamente uguale, solo che c’è stato un segnale meno ravvicinato nel tempo e quindi meno allarme".