Sebastiani (Cnr) a Fanpage.it: “I contagi Covid calano meno del previsto, soprattutto al Sud”
Il picco dei decessi in Italia è stato superato a fine gennaio e ancora prima quello dei contagi con la curva poi in discesa, ma non dappertutto con la stessa velocità: nelle Regioni del Sud la decrescita della curva è molto più lenta che in quelle del Nord. Tuttavia, dovremmo aspettarci un nuovo aumento dei casi con le nuove riaperture, ma fare previsioni quantitative affidabili è impossibile: bisognerà osservare cosa succederà da ora fino ad aprile. È quanto ha spiegato Giovanni Sebastiani, dell'Istituto per le Applicazioni del Calcolo "M.Picone", del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e autore del libro "24 ore con un matematico", che a Fanpage.it ha fatto il punto della situazione Covid in Italia, basandosi sui numeri finora disponibili.
Prof. Sebastiani, la curva dei contagi in Italia è in continuo calo, come dimostrano i dati degli ultimi giorni. Possiamo stare tranquilli?
"Per quanto riguarda la circolazione del virus, sicuramente vediamo un calo dei positivi totali, che sono influenzati però molto dal numero totale di test che sono effettuati, anche se la velocità di discesa è inferiore al Sud. Da Toscana ed Emilia Romagna in su la velocità è più alta mentre Molise, Sicilia e Calabria di fatto quasi non hanno alcuna diminuzione, sono in una situazione di stasi se non in leggero aumento. La Sardegna invece vede una crescita frenata, dopo l'impennata recente. Al di là delle province di queste 4 regioni, i numeri sono in decrescita, però in molte province la discesa è frenata. È come se stessimo per raggiungere un minimo, oltre il quale la discesa non continua. La tendenza al momento è questa.
Se invece si va a vedere la grandezza, che secondo me è più significativa, rappresentata dalla percentuale dei positivi ai test molecolari, vediamo che circa due settimane dopo la riapertura delle scuole c'è stata una inversione di tendenza. La curva ha cioè cominciato a frenare la discesa, poi è risalita ed è ridiscesa fino ad ora. Questa stessa curva negli ultimi 5 giorni mostra una frenata della decrescita. Adesso c'è un po' l'incognita delle riaperture, si tratta di vedere quale sarà il contributo di queste nuove misure che verosimilmente porteranno ad un nuovo aumento dei contatti e quindi dei contagi. In altre parole bisogna capire quanto le riaperture incideranno sul numero delle infezioni da qui ad aprile. È sempre molto difficile prevederlo, molto dipenderà anche dai comportamenti individuali. Con la primavera avremo la naturale mitigazione dell'epidemia, e da lì fino ad ottobre prevedo condizioni molto migliori rispetto agli ultimi due anni. Dopo di allora dipenderà dalle possibili nuove varianti".
Cosa può dirci sui decessi, che restano ancora alti?
"Anche per quanto riguarda i decessi possiamo dire che adesso siamo in discesa, seppur molto lenta. Il picco è stato già superato il 29 gennaio, nonostante un'anomalia registrata tra fine gennaio e inizio febbraio, con un improvviso aumento delle vittime, dovuto forse a dei riconteggi".
Anche se nei prossimi giorni dovessero aumentare di nuovo i contagi, cosa succederà alle ospedalizzazioni sulla base de numeri attuali?
"Al contrario delle altre varianti, sappiamo che Omicron induce una sintomatologia diversa, che interessa di più le alte vie respiratorie. Mentre prima gli andamenti delle curve dei ricoveri in terapia intensiva e in area medica erano molto simili, ora non è più così. Bisogna cioè separare le due curve: quella delle terapie intensive è in decrescita sostenuta, quella dei ricoveri invece no perché Omicron è molto diffusiva seppur meno aggressiva. Mi aspetto che le terapie intensive continueranno a scendere, mentre la curva dei reparti ordinari rifletterà quella dei contagi. Non è una banale influenza, anche se non si hanno tutte quelle polmoniti che nei mesi scorsi hanno intasato i reparti critici. Il che è confermato anche dal fatto che siamo arrivati a quasi 400 morti al giorno e che la dice lunga sul fatto che è meno aggressiva ma più contagiosa".
Questo dipende anche dai vaccini?
"Certo. Senza l'effetto vaccini saremmo in una situazione molto peggiore. Se si confronta la mortalità degli ultimi mesi con lo stesso periodo dell'anno scorso, quindi da ottobre a dicembre 2021 con ottobre-dicembre 2020, quando ancora non c'era la campagna vaccinale, a parità di circolazione del virus misurata in termini di percentuale di positivi ai test molecolari, la mortalità è ridotta di 6 volte. Quindi è chiaro che l'effetto c'è stato, ma non dipende solo da vaccini e variante in circolazione, ma anche da misure e comportamenti individuali. Pensiamo al Regno Unito, che dalla scorsa primavera ha riaperto molto più di noi ma ha avuto da aprile fino alla fine dell'anno una mortalità del 50% più alta della nostra rapportata alla popolazione. Poi c'è un altro discorso da approfondire, e cioè quello dei morti con e per Covid, dato che andrebbe analizzato più nel dettaglio".