Sea Watch denuncia 2 nuovi respingimenti: una delle barche in fiamme dopo la cattura dei migranti
Sea Watch documenta due nuovi respingimenti illegali da parte dei libici. L'Ong diffonde la notizia e le immagine riprese dall'aereo che utilizza per monitorare la situazione nel Mediterraneo centrale: "Ieri il nostro Seabird ha assistito alla quotidianità europea nel Mediterraneo: due respingimenti illegali verso la Libia da parte della cosiddetta Guardia costiera libica in collaborazione con Frontex. Una delle barche è stata incendiata dopo la cattura delle persone", ha scritto l'organizzazione umanitaria su Twitter.
Life Support arrivata a Marina di Carrara: sbarcati tutti i migranti
Intanto oggi è arrivata a Marina di Carrara la nave di Emergency, la Life Support, con 55 persone a bordo, tra cui tre donne, tre bambini e tre minori non accompagnati: tutti i migranti sono scesi a terra.
"Fortunatamente è andato tutto bene. Siamo stati intimiditi dai libici per allontanarci, ma tutti i migranti erano già saliti a bordo. Le persone soccorse provengono da Costa d'Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Nigeria, Palestina, Sudan e Somalia. La nave alla deriva, con il motore in panne, era stata segnalata da Alarm Phone, il telefono per soccorrere i migranti creato nel 2014 da un gruppo di Ong. Erano tutti stipati su un gommone di otto o nove metri, alcuni a cavalcioni sui tubolari che già si stavano sgonfiando e altri rannicchiati, costretti tutti a stare per ore e giorni nella stessa posizione, senza neppure spostarsi per i propri bisogni. Ora stanno bene. C'è chi è reduce da mesi o anni passati nei lager libici dove hanno subito torture. Gli abbiamo dato un posto letto, da mangiare e gli abbiamo spiegato dove stanno andando e cosa li aspetterà", ha spiegato Carlo Maisano, responsabile per Emergency del soccorso in mare.
Il racconto di una minore salvata da Life Support
"Sono orfana di entrambi i genitori e ho lasciato il mio Paese perché in guerra – ha raccontato una minore non accompagnata a bordo –. Mi avevano detto la Libia era un passaggio molto semplice per raggiungere l’Europa. Invece ci sono rimasta per tre anni. Lì sono stata imprigionata, sia da parte delle milizie che dei trafficanti. Volevano che pagassi più soldi per il viaggio in mare: mi spogliavano, mi appendevano ad un gancio e mi torturavano. Intanto mi filmavano affinché io mandassi il video ai miei familiari, ma io non avevo nessuno al mondo a cui chiedere soldi e aiuto. Per questo motivo, quando ho visto il gommone con cui avremmo attraversato il mare, non ho avuto paura: mi interessava solo lasciare la Libia. Quando siamo rimasti senza motore in mezzo al mare, completamente alla deriva, tutti a bordo pensavano che sarebbero morti ed erano angosciati, io ero pronta a qualsiasi destino, mi bastava sapere di non essere più in quel luogo maledetto”.