Valeria Solesin è morta. Nel macello francese in nome del terrore quindi entra anche la studentessa veneziana che, a 28 anni, paga il fatto di essere andata al concerto sbagliato. Come qualche centinaio di altre persone vittime di una serata dove la paura si è infilata come liquido nelle pieghe quotidiane, tra il calcio e i ristoranti e la musica, e adesso sarà un esercizio lungo riuscire a scrollarsela. E poi è morta un'italiana, oggi la sua storia verrà (giustamente) raccontata nelle cento declinazioni che la televisione ha bisogno di inventare e così il dolore e la rabbia entro stasera saranno così vicini, così italiani: così più "nostri". Tra centinaia di morti ne basta uno solo, uno soltanto, con una consonanza stretta con noi (la nazionalità in primis, ma anche semplicemente l'avere avuto occasione di conoscere quel volto, dalla televisione o dalle sue foto sui social) perché improvvisamente la strage diventi un lutto di cui siamo più partecipi. Non so se sia giusto o sbagliato, naturale o innaturale oppure semplicemente umano ma il senso di appartenenza è un meccanismo banale eppure con tutti i nostri sforzi noi siamo Europa ma troppo poco europei.
Ieri, tra i quintali di parole a rimorchio della tragedia, come spesso accade, qualcuno faceva la conta dei morti per terrorismo e per guerre ingiuste: un mappamondo di Parigi che scoppiano quasi tutti i giorni per "guerre di pace", scontri tra etnie (qualcuno pomposamente le chiama civiltà) o più semplicemente interessi economici che si fingono politica, democrazia o tutti quegli altri travestimenti utili per le masse. E quando qualcuno punta il dito sul terrorismo del resto del mondo (l'ha fatto ieri, ad esempio, Gino Strada con una frase semplice semplice: "L'unico modo per fare smettere la violenza è smettere di usarla") la discussione che ne viene fuori è un duello tra il meno peggio, una caciara tra patriottismi che riescono ad essere rionali e nel migliore dei casi un'analisi che vede un "noi" largo poco più del mediterraneo e delle alpi. Se è un "noi" contro "loro" (che è la trappola del terrorismo) chi siamo i "noi"? Quelli che la pensano allo stesso modo? Quelli che hanno paura delle stesse cose? Gli europei? Gli occidentali di quale occidente? I nordici di un nord che esattamente inizia da dove?
Se riuscissimo a non farci stringere dal terrorismo e dall'odio, se riuscissimo piuttosto ad allargare lo sguardo con la pulizia di un pensiero scevro di angosce e muri e porte chiuse, ecco, io credo che se davvero ci fosse qualcuno che avesse abbastanza voce e abbastanza occhi per guardare ed essere ascoltato, forse davvero vedremmo che l'ISIS è un fardello anche sulle spalle dei musulmani, come Israele pesa le tasche di molti ebrei e come il terrorismo palestinese è un macigno tra chi non crede e non cede alla violenza. E allo stesso tempo, se davvero riuscissimo ad avere in mano per un secondo le chiavi utili ad una lettura totale forse rimarremmo di sale a vedere chi arma il terrorismo, riusciremmo a fare il conto dei civili spappolati in quartieri meno leggibili di un caffè parigino ma con gli stessi lutti. I padri che cercano, le madri che piangono, gli amici che non si danno spiegazioni: un innocente morto muore innocente allo stesso modo in ogni angolo del mondo. E questa guerra è doverosa per tutti quelli che la combattono, da ogni lato, tutti sono accecati dalle proprie ragioni. Non esistono guerre giuste: il sangue versato da un missile intelligente impegnato in "guerra di pace" ha lo stesso spessore del sangue di Valeria. Anche se Valeria ci fa più male, anche se la difesa di ciò che è "nostro" rende minimi i dolori degli altri.
Per questo la guerra al terrorismo in fondo dovrebbe essere una guerra alla guerra. Come in molti provano ad urlare da anni. Una faccenda di interessi (e deviazioni) particolari non può indurci nell'errore di credere che sia uno scontro tra popoli: questa è una guerra di persone sbagliate che partoriscono nemici per avere ragione. Ma non è uno scontro tra religioni: è la sfida tra chi crede che la violenza sia giustificabile (da Allah, ma anche dal petrolio o in nome della democrazia) e chi crede che l'imbarbarimento sia barbaro in tutte le sue forme e i suoi colori. E se avessimo per un attimo quella luce vedremmo quanti fiancheggiatori del terrore parlano la nostra lingua, hanno un portamento occidentale e ridono come sanno ridere gli avvoltoi che sanno fare cassa dalle tragedie del mondo. Chi non cede all'odio è l'alleato giusto.