Se Roma Capitale è il bidet dei Casamonica
Adesso verrebbe da dire: prendetevela con loro. Se davvero il problema di Roma sono i rom e gli zingari ci viene difficile capire come possa uno sparuto gruppo partito dall'Abruzzo colonizzare Roma da Romanina, Anagnina fino verso sud, con un impero di 90 milioni di euro (ipotizzato per difetto) e la gestione di molte piazze di spaccio della Capitale. Usatele contro di loro, le ruspe che sfoggiate con baldanza. Siate prepotenti con i prepotenti, se davvero non riuscite farne a meno. E invece oggi Roma, la capitale che respinge sdegnata ogni accusa di mafiosità, è diventata lo zerbino dei Casamonica, il bidet per il funerale del capoclan.
Non bisogna essere investigatori e nemmeno esperti professoroni di criminalità organizzata per giudicare le immagine di un funerale dedicato alla bava del re con sottofondo musicale de Il Padrino, elicottero con petali di rose, carrozza e cavalli fino alla bara caricata in Rolls Royce. Non c'è nemmeno bisogno di essere storici osservatori per comprendere che un funerale a forma di schiaffo, celebrato aprendo gli sfinteri nella capitale d'Italia, sia il segno di un dado ormai tratto da un bel pezzo.
Un boss che diventa reliquia è sempre colpa della città che si trova intorno. Chi tace per convenienze, chi finge di non vedere per vigliaccheria o chi minimizza con superficialità sono i migliori alleati di una comunità mafiosa ancora di più degli infiltrati organici poiché nemmeno costano per accrescere l'influenza di un clan. Sono favoreggiatori inconsapevoli, che nulla c'entrano con le attività criminali e per questo sono preziosi.
I Casamonica (insieme ai loro tentacoli che stanno nelle alleanze occasionali ora coi De Rocca, ora la mafia del litorale) sono possessori da generazioni di una mafiosità ostentata, seduta sulle auto milionarie o nei lussuosi locali di qualche vigliacca testa di legno che fa da prestanome, vicini alla borghesia romana (quella fettuccine e oro bianco, claudicante sui congiuntivi) che abita il potere con la disinvoltura del coatto fattosi ricco e capace di rivendersi come indispensabile. La caduta di Roma non sta nella spazzatura negli angoli delle vie: è tutta nelle foto di ambienti che dovrebbero essere lontani e invece alzano insieme il limoncello.
Forse proprio per questo i Casamonica hanno deciso di celebrare il morto con la vastità di un faraone: perché sanno, imparando sulla propria pelle, che questa Città riesce ad essere più bestiale dei propri circi antichi nella capacità di stupirsi piuttosto che indignarsi. Un funerale del genere è un'accusa ad una città. Un buco che durerà anni. Una bandiera bianca alzata per incapacità di controllo e di segnali culturali.
Abbiamo visto i Casamonica in bella mostra nelle foto con Alemanno (ma anche Ozzimo del PD, per dire) e abbiamo finto di credere che davvero fosse all'insaputa di tutti. Abbiamo seppellito il rapporto col clan dell'ex moglie del calciatore De Rossi come se fosse stato un inciampo. Ora vi diranno, ci diranno, che questo funerale è stato una svista.
A furia di sviste Roma è diventata una mangiatoia criminale, con contenitori dall'alto valore storico ma con le stesse bocche di una porcilaia. Mentre l'antimafia si celebra nei convegni (con qualcuno poi arrestato in Mafia Capitale, per dare idea della temperatura etica degli incontri) la periferia è già in centro, nelle carrozze da cartolina o sopra ai cieli e i campanili. Ci vorrebbe un funerale vero, un funerale all'omertà che ripulisca gli avanzi dei Casamonica e i suoi guappi dorati, ci vorrebbe una politica che si indigni come ci indigniamo noi ma con molti più strumenti a disposizione.
Nella capitale si è celebrato (l'ennesimo) Giubileo dei Casamonica e adesso, come sempre, fingeranno che non sia successo niente. Così il silenzio diventa letame e i clan fioriscono sempre meglio. Che brutto giorno per Roma. Che brutto giorno per noi.