Da alcuni giorni social e giornali sono invasi da foto di militanti sugli alberi, di agenti della polizia che arrancano nel fango e dell’attivista Greta Thunberg trascinata via da un presidio dalle forze dell’ordine tedesche. L'attenzione dei media alla vicenda sta già scemando, i meme che circolano stanno già finendo probabilmente il loro ciclo di vita, ma la resistenza di Luetzerath forse cambierà per sempre l'attivismo per il clima in Europa.
Stop al carbone: una lotta che non possiamo perdere
Nel 2023, durante l’inverno più caldo di sempre in Europa, l’esecutivo tedesco ha stretto un accordo con il colosso dell'energia RWE. Il governo, del quale fa parte anche il partito dei Grünen, i Verdi tedeschi, ha autorizzato l’espansione della miniera di lignite di Garzweiler, nel Nord Reno-Westfalia, a spese del villaggio di Luetzerath che sarà inghiottito dalla cava. In cambio la RWE ha preso l'impegno a non demolire altri cinque paesi della zona. L'estrazione di carbone, promette la società, terminerà nel 2030.
Un patto totalmente incoerente rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 che dovrebbe raggiungere la Germania per rispettare l’Accordo internazionale di Parigi sul clima. Sebbene la RWE abbia annunciato di voler anticipare il suo phase-out dal carbone dal 2038 al 2030, la lignite che giace sotto Luetzerath produrrebbe ben 280 milioni di tonnellate di CO2, più della metà dell’anidride carbonica emessa in Italia nel 2019. Capite ora perché quella in corso è una battaglia europea, se non mondiale e non riguarda una vicenda locale? Non siamo più di fronte al "pensa globale e agisci locale" dei movimenti altermondialisti. Locale e globale sono ormai due livelli nella lotta climatica indistricabili.
L’idea paradossale di sradicare gli abitanti di un intero villaggio per una miniera di carbone in piena crisi climatica, e la quantità di emissioni che questo provocherà, è uno schiaffo in faccia alle nuove generazioni e alle popolazioni che stanno già subendo le conseguenze dell’emergenza climatica. Una scelta che ha catalizzato la mobilitazione, facendo incontrare gruppi e movimenti, che hanno costruito per mesi la resistenza a Luetzerath aspettando il momento dello sgombero. La scelta del governo tedesco di piegarsi di fronte agli interessi di una delle compagnie più inquinanti d’Europa, contro ogni buon senso e contro gli impegni internazionali, con tutta l’ipocrisia dei Verdi che hanno ceduto, è stata la miccia che ha fatto convergere attivisti da tutta Europa e non solo.
Mentre gli escavatori della RWE iniziavano ad ampliare la miniera, andava in scena l'organizzatissima resistenza degli attivisti che, coniugando con grande armonia pratiche e tattiche di lotta diverse hanno dato fila torcere al mastodontico schieramento di forze dell'ordine. Gli attivisti hanno occupato le abitazioni abbandonate, costruito case sugli alberi, piantato tende nel fango e si sono opposti alla demolizione con azioni dirette nonviolente, barricate, protesta con cartelli e cori, o semplicemente mettendo in gioco i loro corpi resistendo passivamente fino a quando la polizia non li ha fisicamente rimossi.
Proprio l’amalgama di movimenti con posizioni politiche, pratiche e teorie del cambiamento differenti è già una vittoria e una potente dichiarazione d’intenti per il futuro.
Fridays For Future a Luetzerath: oltre la narrazione dei media mainstream
Anche attivisti e attiviste del movimento Fridays For Future sono accorsi a Luetzerath. Tra loro anche Greta Thunberg che, nonostante abbia ribadito più e più volte di non essere la leader del movimento, viene suo malgrado considerata tale dai media. Per questo motivo sono le foto di Thunberg trascinata via dalla polizia tedesca a finire in prima pagina. Ma cosa ci racconta questa foto? Che è finita definitivamente l'epoca delle illusioni per il movimento per il clima, che le azioni sono sempre non violenti ma sempre più radicali, e che dopo anni di dichiarazioni senza fatti in tanti hanno perso definitivamente la fiducia verso le istituzioni.
No, non c'è nessuna guerriglia all'orizzonte né escalation violenta, ma un aumento della conflittualità politica (e anche di piazza, il conflitto è generato anche da pratiche non violente) è inevitabile. E non è uno scandalo, è il risultato di una situazione drammatica e dell'inazione dei governi di fronte alla quale alle manifestazioni di massa si affiancheranno sempre più spesso azioni dirette per ottenere davvero quel cambiamento.
Fridays For Future ha sempre agito in modo abbastanza "moderato", soprattutto con grandi manifestazioni di massa, flashmob, conferenze di sensibilizzazione e qualche azione di disobbedienza civile. Le attiviste e gli attivisti hanno anche incontrato più volte politici di persona e parlato nelle aule del potere per provare a far pressione per delle politiche di transizione. Ma oggi, cinque anni dopo la nascita di FFF, le speranze di rimanere sotto 1.5°C di aumento della temperatura oltre i livelli preindustriali – il limite massimo accettabile di riscaldamento globale secondo la comunità scientifica – sono ridotte a un lumicino.
Fridays For Future: il movimento è cresciuto
L'esplosione di Fridays For Future ha segnato una svolta nelle politiche ambientali. Le mobilitazioni di massa hanno innegabilmente imposto il clima come argomento nelle agende politiche di diversi governi e istituzioni internazionali. Ma i dati scientifici e l’evidenza delle tragedie ecologiche degli ultimi mesi ci comunicano che non è ancora abbastanza. Credo che nessuno possa davvero affermare con certezza che l’efficacia dei cortei oceanici abbia raggiunto un plateau, ma non abbiamo il tempo per dimostrarlo. Il passaggio dal sit-in fuori dal Parlamento all’occupazione di una miniera in ampliamento è in questi casi quasi scontato e indubbiamente necessario. Dall’utilizzo della voce per urlare o discutere con i capi di stato, si è passati all’utilizzo dei corpi per fermare anche solo per qualche minuto l’avanzamento degli escavatori.
Il movimento si è radicalizzato non tanto nelle pratiche, ma quanto nei contenuti, crescendo giorno dopo giorno, sciopero dopo sciopero, facendo tesoro di ogni esperienza in questi cinque anni. E cosa ci hanno insegnato? Che i potenti che ci ricevevano e stringevano la mano il giorno dopo continuavano a ignorare la scienza come prima.
La posizione di Fridays For Future a Luetzerath non è maturata all'improvviso. Nonostante la maggior parte delle testate continui imperterrita a dipingere il movimento come un gruppo di ragazzini entusiasti e arrabbiati con cori e cartelloni, le parole d'ordine e le istanze di FFF hanno iniziato a radicalizzarsi da tempo. Per quanto il movimento formuli richieste precise e specifiche, come ad esempio l’Agenda Climatica che il nodo italiano ha presentato prima delle elezioni di settembre 2022, la sfiducia nelle istituzioni e i legami con le lotte territoriali hanno preso piede nella narrativa del movimento ben prima dei fatti di Luetzerath. Già alla Conferenza delle Parti sul clima di Glasgow i movimenti per la giustizia sociale e per l’ambiente di tutto il pianeta hanno marciato affermando che il vero cambiamento sarebbe arrivato solo grazie a chi si batteva giorno dopo giorno. Per le strade della Scozia si cantava “This is what democracy looks like”, ecco com’è la democrazia (o, almeno, come dovrebbe essere).
In Italia in particolare Fridays For Future ha iniziato un percorso di convergenza con il Collettivo di fabbrica Ex GKN per smascherare definitivamente il ricatto ambiente-lavoro, e progettare un futuro in cui la transizione ecologica abbia al timone proprio i lavoratrici e lavoratori. La partecipazione dei gruppi locali alle battaglie territoriali si estende dalla Val Susa con i No Tav, alla centrale a carbone di Civitavecchia, passando da Venezia con No Grandi Navi e da Bologna contro il nuovo passante. Queste sono solo alcune delle Luetzerath italiane in cui i Fridays For Future sono coinvolti. E altre ancora verranno.
Ognuno farà la sua parte secondo la propria idea e con le pratiche di lotta che ha scelto, anche i ragazzi con i cartelli e i cori, che sono stufi e molto più preparati e lungimiranti di una classe politica miope, ingorda ed egoriferita che si prende gioco degli accordi che firma. Il movimento per il clima non è fatto di radicali e moderati, di buoni o cattivi. È fatto solo da chi ha deciso di non rimanere a guardare, come è accaduto in Germania.