“Se andiamo in Libia avremo 50 morti in 7 giorni, servono almeno 50mila uomini”
Se l'esercito italiano dovesse prendere parte ad un intervento militare in Libia "ci sarebbe da combattere sul serio e non so se è chiaro che avremmo 50 morti nella prima settimana". È il crudo avvertimento lanciato dal generale Fabio Mini, già comandante della missione Nato in Kosovo e capo di stato maggiore del Comando Nato delle forze alleate Sud Europa, dopo l'ipotesi di un intervento dell'Italia in Libia avanzata dagli stessi membri del governo come il ministro della difesa Pinotti e quello degli esteri Gentiloni. In un'intervista al quotidiano La Stampa, il generale mette in guardia dai pericoli reali di un intervento dell'Italia in Libia ricordando i rischi e i pericoli che ne deriverebbero. "Andare in Libia a fare la guerra è fin troppo facile. Una volta che ci fossimo infilati in quel pantano, però, difficile sarebbe uscirne. Guardate che cosa accade dopo 14 anni di Afghanistan" ha sottolineato infatti Mini.
Abbandoniamo l'idiozia dell'esportazione di democrazia
Del resto secondo il generale in caso di missione armata servirebbe una forza militare nettamente superiore a quella prospettata dai ministri. "I raid aerei, come quelli del 2011, lascerebbero le cose come stanno. Se si deve controllare il territorio, in Libia ci sarebbe da combattere sul serio e non bastano 5mila uomini. Ce ne vorrebbero 50mila e forse sarebbero ancora pochi" ha ricordato Mini, molto scettico riguardo un possibile intervento. Secondo il generale per il momento bisogna escludere un interevento armato: "Abbandoniamo idiozie come l'esportazione della democrazia. Ipocrisia. La Libia è terra di tribù, ciascuna con i suoi pozzi di petrolio. Converrebbe che gli equilibri locali si chiariscano da soli. Con un intervento occidentale ora, la crisi si internazionalizza e in prospettiva diventa ancora più ingestibile".