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Scusate, partigiani, per come abbiamo ridotto l’Italia democratica

I partigiani ancora in vita sono, ormai, una sparuta minoranza. Meno male, aggiungo. Non sarebbero felici, oggi, di vedere ridotta così la Repubblica democratica fondata sul loro sangue. Perdonateci.
A cura di Antonio Menna
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C'è chi la chiama festa della Liberazione e chi anniversario della Resistenza. C'è chi preferisce sottolineare la ritrovata libertà e chi l'indomito resistere. Ogni 25 aprile, per fortuna, se ne parla ancora. Non per nostalgia ma per opporsi al tentativo costante di edulcorare il ricordo della terrificante dominazione nazifascista; lo si fa di fronte ad un Paese che sempre più spesso sputa sugli straordinari strumenti della democrazia come il Parlamento, il voto, i partiti, i sindacati, i giornali; un popolo superficiale e rancoroso che oscilla tra la passività e l'insulto. Liberi e resistenti significa, invece, consapevoli. Occhi aperti e cervello acceso, come i giovanissimi partigiani che davano la caccia ai nazisti casa per casa. Domani sono 68 anni che siamo liberi dalla dittatura. I partigiani ancora in vita sono, ormai, una sparuta minoranza. Meno male, aggiungo. Non sarebbero felici, oggi, di vedere ridotta così la Repubblica democratica fondata sul loro sangue. Perdonateci.

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Antonio Menna, giornalista, scrittore autore tra gli altri del libro "Se Steve Jobs fosse nato a Napoli".
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