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Referendum scuola, a Bologna maggioranza spaccata. Insegnanti come in piazza Taksim

A Bologna si discute sulla scuola e la maggioranza si spacca, mentre in Piazza Maggiore da tre giorni gli insegnanti precari protestano giorno e notte, in piedi di fronte al Comune, per chiedere che il referendum venga rispettato.
A cura di Gaia Bozza
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A Bologna la maggioranza Pd-Sel scricchiola sulla scuola. Il "casus belli" è la discussione sull'esito del referendum consultivo del 26 maggio scorso sul finanziamento statale alle scuole paritarie. Promosso dal Comitato Articolo 33, che riunisce diverse associazioni e coordinamenti di insegnanti precari, ha visto la vittoria del quesito "A" con il 59 per cento dei voti. Si chiede, dunque, la cancellazione del contributo comunale (1milione e 800mila euro) destinato alle scuole dell'infanzia paritarie, in gran parte religiose, e che quelle risorse siano investite nella scuola pubblica. Benché il referendum sia solo consultivo, c'è ora l'obbligo di discuterlo e prendere posizione in merito.

Quella stessa "A" del quesito referendario campeggia da tre giorni davanti al Comune di Bologna, in Piazza Maggiore. Gli insegnanti precari di tutta Italia, dai coordinamenti emiliani al Coordinamento precari di Napoli, si stanno alternando giorno e notte, come in piazza Taksim, per ribadire "il diritto alla scuola pubblica": una veglia-staffetta per chiedere che venga rispettata la decisione referendaria. Il referendum non è vincolante, ma gli effetti politici per la maggioranza che sostiene il sindaco Virginio Merola non sono scontati, come dimostra la spaccatura che si sta consumando in queste ore tra i democrat che difendono il sistema integrato e i vendoliani che vorrebbero un taglio dei finanziamenti.

"Il Pd abbandona il suo popolo", ha inveito Sinistra ecologia e libertà  contro i colleghi democratici, con i quali siede sui banchi della maggioranza in Comune. Il Pd è fermo sul mantenere intatta la convenzione tra pubblico e privato; Sel e Movimento 5 Stelle, invece, hanno presentato una mozione per ridurre gradualmente i finanziamenti comunali alle materne private convenzionate. E intanto è rimandato alla settimana prossima, ultima seduta del Consiglio comunale di Bologna prima della pausa estiva e ultima data utile da norma dello Statuto, il voto dell'aula sull'esito del referendum, ma la spaccatura è netta: da un lato Pd, Scelta Civica e Pdl; dall'altro Sel, Movimento 5 Stelle e gruppo misto (Federica Salsi).

L'aria infuocata è stata preannunciata dall'ondata di polemiche prima e poi dopo il referendum. Su tutte, il dito puntato contro la bassa affluenza alle urne: solo il 28 per cento dei Bolognesi è andato a votare. Poi l'accusa indirizzata al Comitato Articolo 33 di aver promosso un referendum ideologico e inutile, seguita da una contestazione nel merito della questione: il modello integrato, secondo i suoi sostenitori, ha sempre funzionato in Emilia Romagna e comunque quei finanziamenti, che sono un contributo per le paritarie, non coprirebbero i costi della scuola pubblica. Ad ogni modo, la mozione "A" è quella che ha vinto e riflette il bisogno di più istruzione pubblica e statale, "rispettando la Costituzione", dicono dal Comitato. Dati alla mano, inoltre, risulta che 423 bambini siano rimasti senza asilo, a Bologna, nell'anno scolastico 2012-2013. Le rette degli asili paritari, nonostante il contributo, sono poi molto varie e possono raggiungere anche i 500 euro mensili.

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