Scopre tumore insieme a gravidanza e muore, il marito: “Mia figlia conoscerà la sua mamma guerriera”
“Questa è la mia missione: raccontarle, con ricordi e fatti, quanto sua madre sia stata un guerriero ma anche farle capire quanto lei l’abbia fortissimamente voluta”: a parlare è Matteo Grotti, che in una intervista al Corriere è tornato a parlare della moglie Elisabetta Socci, morta lo scorso luglio a 36 anni a causa di un tumore.
Matteo parla di sua figlia, una bambina che ancora non ha un anno, e che lui e la sua Elisa avevano desiderato tanto. Elisabetta aveva scoperto lo stesso giorno, quello del suo compleanno, di avere un tumore e di essere incinta.
Ha dato alla luce la sua bimba ma, nonostante l’intervento e le terapie seguite, è morta il 31 luglio scorso, pochi mesi dopo il parto. È morta circa un anno e cinque mesi dopo quella diagnosi.
E il marito Matteo, che ha voluto raccontare la loro storia per dare coraggio a chi si trova a vivere situazioni analoghe, oggi dice di voler far crescere la sua bambina parlandole sempre della sua mamma guerriera. “Ogni giorno le faccio vedere le sue foto e lei fa ciao con la manina. La bambina deve sapere che la mamma c’è, anche se non fisicamente è sempre qui con noi”, racconta nell’intervista.
Tornando al passato, Matteo ricorda il giorno in cui hanno saputo del tumore e della gravidanza come di un giorno “di pura angoscia mista a gioia”. Avevano il terrore che una cosa potesse escludere l’altra. Come sono andati avanti? Grazie alla “forza di mia moglie guerriera”, ribadisce.
“Lei vedeva la gravidanza come la luce che ci avrebbe fatto affrontare con più forza la malattia. La gioia per l’attesa della piccola dominava il resto. E questo soprattutto quando i medici ci hanno detto che c’era la possibilità che le cure potessero conciliarsi con la gravidanza. Anche se ci avevano avvertito che la situazione sarebbe potuta precipitare e a quel punto avremmo potuto essere costretti a fare delle scelte dolorose”, racconta Matteo.
Era lei che, nonostante gli esami che non lasciavano ben sperare, dava coraggio a lui. “Lei – conclude l’uomo – mi ha insegnato che bisogna vivere intensamente anche i piccoli momenti di gioia che si possono avere durante la malattia”.