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Scontrini gonfiati, è legale chiedere costi aggiuntivi? La norma e i consigli dell’esperta

Clienti e turisti hanno denunciato sui social di essere stati truffati. Ma ecco cosa prevede la legge sul tema degli ‘scontrini pazzi’ e come tutelarsi.
Intervista a Antonella Nanna
Avvocatessa e responsabile della Consulta Giuridica Nazionale di Federconsumatori
A cura di Eleonora Panseri
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È da mesi ormai che clienti scontenti condividono in rete le foto degli scontrini segnalando sovrapprezzi per servizi fuori menù. I casi sono diventati tanti e si sono moltiplicati in tutta Italia: dai 2 euro in più fatti pagare a un turista sul lago di Como per il taglio di un toast, ai 10 centesimi aggiunti nella ricevuta per un cappuccino senza schiuma (ma con più latte) in un bar di Ostia; dall'addebito di un euro per aver diviso a metà una crepe sulla ricevuta di una signora di Lecce, a quello di 2 euro in Liguria per aver richiesto un piatto vuoto in più.

Sui social l'opinione si è divisa, tra chi si indigna e chi invece difende il diritto degli esercenti di gestire la propria attività come meglio credono. Ma cosa dice la legge a riguardo? "Il consumatore che si avvicina a un servizio qualunque deve essere informato e ogni esercente deve esporre un giusto listino prezzi dove sono resi noti eventuali sovrapprezzi", spiega a Fanpage.it l'avvocatessa Antonella Nanna, Responsabile della Consulta Giuridica Nazionale di Federconsumatori.

Antonella Nanna
Antonella Nanna

Cosa prevede l'obbligo di legge

"Questo rientra in un rapporto di trasparenza, esiste l'obbligo di legge di rendere noto cosa un consumatore va a spendere quando si rivolge a un'attività per richiedere un servizio. Il decreto che disciplina i prezzi prevede che questi siano chiari e leggibili", aggiunge. Se non resi esplicitamente, i costi dovrebbero quindi essere considerati inclusi nel "coperto".

"Ci sono anche dei costi inclusi nel prezzo del prodotto. Se a una persona che sceglie di ordinare un cappuccino al bar senza la schiuma si fa pagare l'aggiunta di latte, nel menù non basta più scrivere "cappuccino" ma bisognerebbe aggiungere la voce "cappuccino senza schiuma", indicando il prezzo che il consumatore andrà a spendere", precisa l'esperta.

La libertà dell'esercente di scegliere i prezzi

Quello di addebitare extra non solo è un comportamento che può allontanare il cliente, ma che può pregiudicare la reputazione del nostro Paese all'estero. Anche la Cnn si è infatti interessata alla questione e ha di recente pubblicato un articolo con il titolo che recita "2 euro per tagliare un panino: le oltraggiose fregature che prendono di mira i turisti in Italia". Tuttavia, specifica Nanna, "siamo in un mercato libero, quindi non esiste un prezzo massimo entro cui bisogna stare. È poi il consumatore che, debitamente informato, può scegliere se andare dall'uno o dall'altro esercente".

Cosa può fare il consumatore se pensa di essere stato truffato

"Laddove il cliente trovi un prezzo sullo scontrino non specificato nel menù, prima di tutto può farlo presente al gestore, dicendo che esiste l'obbligo di esporre un listino prezzi corretto e dettagliato", prosegue Nanna, che invece sconsiglia non pagare quanto richiesto poiché "a fronte di una fattura, il gestore, fosse anche per 50 centesimi, può pretendere il pagamento". Successivamente, però, un'altra possibilità per una persona che si ritiene lesa da un punto di vista di diritto è quella di rivolgersi alle autorità competenti, la Guardia di Finanza, l'Antitrust, o chiamare i vigili, per capire se l'obbligo di affiggere il listino prezzi è stato correttamente adempiuto. "In questi casi si ravvisa una violazione di tipo amministrativo, punibile da 200 a 2000 euro. È un diritto di cui il consumatore può avvalersi. Se invece, come già detto, l'aggiunta era chiaramente inclusa nel menù, l'unica cosa che si può fare è pagare lo scontrino", conclude.

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