Scomparsa Sara Pedri, la denuncia delle colleghe di reparto: “Turni massacranti, insulti e minacce”
Una situazione "insopportabile", con "vessazioni mortificanti", che aveva provocato la diaspora, negli ultimi 6 anni, di 62 dipendenti. È questa la denuncia di sei dipendenti del reparto di ginecologia dell'ospedale Santa Chiara di Trento dove lavorava Sara Pedri, la dottoressa di 31 anni scomparsa nel nulla a marzo scorso dopo aver chiesto di essere trasferita proprio da quel reparto. Mentre continuano le ricerche, si fa sempre più concreta l'ipotesi che la ragazza si sia suicidata in seguito alle vessazioni subite sul posto di lavoro. Per questo nei giorni scorsi è arrivata anche la decisione da parte dell'Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss) di trasferire il primario Saverio Tadeo e la dirigente Liliana Mereu dopo aver analizzato la documentazione riguardante le testimonianza di più di 119 persone. Tra di loro, sei professioniste che lavorano nel reparto e che, attraverso i legali Andrea de Bertolini e Andrea Manca, si sono fatte avanti per denunciare i metodi utilizzati dai due specialisti in corsia.
Come riporta il Corriere della Sera, poco dopo la scomparsa di Sara e prima ancora che il suo diventasse un caso nazionale, cinque dirigenti e ostetriche si erano rivolte ai legali per denunciare una situazione "insopportabile sotto il profilo umano e professionale", perché sottoposte di continuo a "vessazioni mortificanti. Da anni si vive un clima di sofferenza legato ai metodi autoritari di Tateo e Mereu. Atteggiamenti che sono andati inasprendosi", ha specificato una di loro ai pm e alla commissione interna, parlando anche di turni massacranti, scatti di ira e umiliazioni varie, tra cui demansionamenti. "La condotta basata su atteggiamenti spesso vessatori ha creato in me come in tanti altri una profonda sofferenza. Capitavano anche insulti e minacce. A un’infermiera ho sentito dire: io ti rovino", ha continuato la professionista, che ha concluso: "Ora si volta pagina, ma ci portiamo dietro la sofferenza di questi anni".
Atteggiamenti, questi, a cui la stessa Sara aveva accennato negli appunti lasciati nel suo appartamento di Cles, dove si era trasferita lo scorso novembre, recuperati dai carabinieri e pubblicati in esclusiva su Giallo. "L’esperienza a Trento doveva essere formativa — si legge — ma ha generato in me un profondo stato d’ansia, a causa del quale sono completamente bloccata e non posso proseguire. Non ho mai detto no, nonostante i molteplici imprevisti e i progetti incivili. È una situazione più grande di me. Con la fretta e la frenesia non si impara, i risultati ottenuti sono solo terrore (…). So che mi comprometto, ma ho bisogno di aiuto". Le ricerche di Sara continuano.