Scomparsa Sara Pedri, indagati l’ex primario Tateo e la sua vice: “Maltrattamenti a lavoro”
Svolta nel caso relativo alla scomparsa di Sara Pedri, la dottoressa 30enne originaria di Forlì di cui si sono perse le tracce dallo scorso 4 marzo a Trento. Saverio Tateo, l'ex primario dell’Unità operativa di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento, dove la ragazza lavorava, e la vice Liliana Mereu risultano indagati dalla procura di Trento per maltrattamenti e abuso dei mezzi di correzione e disciplina. Anche la ginecologa scomparsa appare tra le 14 parti lese, medici e infermieri del reparto: tutti potrebbero essere stati presi di mira, dal primo gennaio 2018, con demansionamenti e insulti dai due dirigenti medici. Al procuratore capo di Trento, Sandro Raimondi, i primi giorni di agosto il Nas aveva inviato un' informativa in cui si chiedeva che la coppia di dirigenti venisse iscritta nel registro degli indagati per maltrattamenti, come riferisce Il Messaggero. Proprio nei giorni scorsi gli inquirenti, il pm Licia Scagliarini, hanno seguito alla richiesta formulata dai militari dell'Arma.
Tateo e Mereu erano stati travolti qualche mese fa dalla bufera scoppiata dopo la scomparsa di Sara Pedri, la quale prima di far perdere le sue tracce aveva denunciato il clima di angoscia e tensione che si viveva nel reparto di Ginecologia dell'ospedale di Trento. Ne era partita una indagine interna, che si era conclusa con la richiesta di licenziamento per giusta causa avanzata dalla Commissione disciplinare dell’azienda sanitaria del nosocomio per "molteplici fatti di rilevante gravità". Il Comitato dei garanti qualche giorno fa ne aveva anche confermato la legittimità. Tateo viene accusato di aver creato un clima insostenibile e tossico in quel reparto, nel quale aveva lavorato anche Sara. Nel corso degli ultimi mesi sono state raccolte decine e decine di testimonianze contro il primario, che nel frattempo era stato trasferito a Pergine-Valsugana. Secondo quanto raccontato dagli infermieri e dalla stessa Sara nel suo diario, proprio il medico e la sua vice, pure lei trasferita in un'altra struttura operativa, avevano reso la vita in corsia infernale e umiliante. Gli ispettori avevano anche accennato ad episodi di mobbing e di ostruzionismo sul lavoro, con insulti ai colleghi davanti ai pazienti e la loro esclusione dalla sala operatoria con "scopi mortificatori".
"Non aveva tempo di andare in bagno o mangiare, non poteva fermarsi, era un ambiente di lavoro ostile, per interi turni non le veniva assegnata alcuna mansione. Veniva aggredita verbalmente e in un'occasione è stata schiaffeggiata da uno dei suoi superiori su una mano: poi è stata invitata a togliersi il camice e a sedersi in una stanza a parte", è una parte del racconto della sorella di Sara, Emanuela. Proprio a seguito del forte stress scaturito da questa situazione la trentenne si sarebbe allontanata e si sarebbe tolta la vita, come continua a ripetere la famiglia Pedri.